Arlecchino è il re dei morti
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Arlecchino è il re dei morti

Il folklore del Carnevale tra mondo alla rovescia, saturnali e caccie infernali

Arlecchino è il re dei morti

Ci siamo quasi, ancora qualche giorno e ci sarà il Carnevale, la festa di metà inverno, quella che segna l’inizio della quaresima e l’addio, più figurato che reale, alla carne. In realtà la derivazione da Carna -aval o da carne vale (un invito a non mangiare carne) è sola una delle ipotesi; sono in molti a vedere una correlazione con Carnalia ( le feste romane in onore di Saturno); nondimeno altri la riconducono a carne-levamen o all'espressione medievale carnem-laxare (cioè fare digiuno, astinenza). Di sicuro le origini di questa festa sono religiose ma non cattoliche, solo in seguito, nel consueto sincretismo operato dai cattolici, è stata legata alla Pasqua.

Esistono numerose testimonianze storiche che ci illustrano come, sin da tempi immemori, gli stregoni, durante i loro riti propiziatori e magici, usassero costumi adornati di piume e sonagli assumendo aspetti terrificanti grazie a maschere dipinte con il chiaro intento di scacciare gli spiriti maligni.

Nel mondo romano accanto ai baccanali e alla festa di Cerere e Proserpina, solo per citarne due ed è chiaro il riferimento all’eterno ciclo della vita, si festeggiavano anche i lupercali, quella che adesso chiamiamo la festa di San Valentino e i saturnalia, le feste sacre a Saturno, questi ultimi si svolgevano solitamente a Dicembre e Marzo, anche in questo caso erano legati alle stagioni.

Durante i Saturnalia gli schiavi diventavano padroni e viceversa, dove il "Re della Festa", eletto dal popolo, organizzava i giochi nelle piazze, e dove negli spettacoli i gladiatori intrattenevano il pubblico. Livio c’informa che queste feste iniziarono all'epoca della costruzione del tempio di Saturno (263 a.C.).

Con il tempo, e raggiungendo l’apice nel Medioevo, la festa assunse i contorni di una “lotta di classe”; ci si rincorreva per la città dando luoghi a combattimenti tra classi diverse di cittadini o fra circoscrizioni, a colpi di sassi e bastoni (da cui l'uso degli attuali manganelli in plastica); lotte rituali tra rioni e quartieri di una stessa città (a tutt'oggi la battaglia delle arance a Ivrea) o tra cittadine diverse.

Nel tardo Medioevo il travestimento si diffuse nei carnevali delle città. In quelle sedi il mascherarsi consentiva lo scambio di ruoli, il burlarsi di figure gerarchiche, il satireggiare vizi di persone o malcostumi con quelle stesse maschere, oggi note in tutto il mondo, che sono poi assurte a simbolo di città e di debolezze umane.

Questa celebrazione del mondo all’incontrario, delle forze caotiche, del rovesciamento dei potere e delle gerarchie aveva in sé i germi del conservatorismo.

In altre parole il mondo grottesco all’incontrario con i servi che picchiavano i padroni serviva a consolidare e a rendere sopportabile lo status quo.

A volerla dire tutta anche nell’Egitto dei Faraoni c’era un periodo di rovesciamento dei ruoli, e magari qualcosa del genere era presente anche in Sumeria.

In Italia si parla tanto, e a ragione, dei Carnevali di Venezia o di Viareggio, ma per avere una versione più hard e animalesca dell’essenza del carnevale si deve andare in Sardegna, nella Barbagia dove ancora viene rappresentato un carnevale più violento e meno edulcorato con chiari e forti riferimenti ai culti dionisiaci e di fertilità.

Anche le maschere hanno subito un forte restyling.

Arlecchino tanto per fare un esempio altro non è che una versione di Herle King o Arlequin o alcune altre varianti.

Quello che è interessante è notare che detto personaggio compare in uno dei mitologemi folcloristici europei più celebri e, diciamolo, studiati.

E' il capo di quella che viene di volta in volta chiamata la Caccia Selvaggia, o Mesnie Ferale, o Caza Salvadega, o Familia Herlechini, o Masnada Infernale.

Morti che vagano.

Anche Dante cita tre diavoli, uno lo chiama Alichino. Le sue pezze sono le uniformi dei soldati che vagano morti e inquieti, la sua maschera è nera come il mondo degli inferi.

 



                                       Massimo   Bencivenga

 
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