Il destino dell'Eroe - Age of Heracles. Prima Parte
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Il destino dell'Eroe - Age of Heracles. Prima Parte

Eracle è davvero morto tra atroci sofferenze? E se fosse possibile cambiare ciò che Ananke ha stabilito e l'Oracolo profetizzato?

Il destino dell'Eroe - Age of Heracles. Prima Parte

Antica Grecia 

Zeus stava accarezzando languidamente la spalla di Metide, quando fu percorso da un brivido. Il Padre degli Dèi si allontanò dall’Oceanina. Lo fece a malincuore, dal momento che quella pelle, dalla tessitura così fine e dall’odore così sensuale, era stata la causa del primo serio litigio con Era.
Zeus capì la ragione della scarica: qualcosa gli era stato strappato, per sempre.
O forse no.
Ancora nudo, il Re dell’Olimpo chiamò a gran voce le sorelle.

« Non possiamo cambiare le cose » disse Lachesi al capo degli dei.
« Proprio no », le fece eco Atropo.
« Vi scongiuro », piagnucolò Zeus, « Eracle ha patito tanto per colpa mia, per via del fatto che rappresentava la prova vivente delle mia infedeltà. »
« Come se fosse l’unica prova », sospirò ironica Lachesi. « Che poi, davvero, non si capisce il perché di questo accanimento di Hera nei suoi confronti. »  
« Cara sorella, l’Ade non conosce la furia di una donna respinta e offesa », ribattè Atropo.
« Vieni da noi parlando di Eracle al passato, o Re dell’Olimpo, ben consapevole che ciò che Ananke stabilisce e l’Oracolo profetizza è ineluttabile », affermò Atropo.
« Può essere posticipato, in qualche caso », Cloto parlò per la prima volta alzandosi dal fuso e trasformandosi, mentre si accingeva a raccogliere per terra un filo reciso, nella giovane e avvenente bionda che era stata in gioventù, quando non era ancora intenta a tessere i destini del mondo.
« E questo è uno di quei casi », continuò Cloto riannodando il filo della vita di Eracle che Atropo aveva reciso.
« Fai presto, Padre degli Dèi », concluse civettuola, attirandosi le occhiatacce di Atropo e Lachesi.

 

Zeus li aveva convocati.
E adesso erano lì, raccolti e intenti, ognuno preso e compreso in mille pensieri, Demetra con le Moire, Afrodite e Ares, Apollo e Artemide, nel momento in cui Hera entrò nella fucina di Efesto tuonando: « Fermi tutti, quello che state facendo è una grave violazione all’ordine delle cose ».
Gli automi al servizio di Efesto non si fermarono affatto, ma gli altri, Dèi e semidei, si pietrificarono: non si sfida impunemente la Regina dell’Olimpo.
« Non c’è nessuna violazione, Signora dell’Olimpo », le rispose Cloto, calcando ironicamente la parola Signora e trasformandosi, per far dispetto alla moglie di Zeus, nell’avvenente fanciulla corteggiata invano da tutti gli dei.
« E tutto regolare. Abbiamo già spiegato le cose a Zeus e agli altri, e non abbiamo tempo né voglia di spiegarlo anche a te. »
La replica della Moira spezzò la paralisi, ognuno ritornò ai propri pensieri e alle proprie attività.
« Mi appellerò ad Ananke. Poi vedremo », le rispose sprezzante, e schiumando rabbia, Hera.
La moglie di Zeus si avvicinò alla capsula trasparente intorno alla quale trafficavano gli automi di Efesto, mentre Igea e Panacea,  Iaso e Podalirio, si avvicendavano sul corpo esanime di Eracle.
Hera afferrò un automa e lo scagliò nella fornace.
« Madre, ti prego… », cominciò a dire Efesto.
« Madre? Avrei dovuto assicurarmi della tua morte misero sgorbio. Quando il paparino chiama, lo storpio risponde presente. In cambio di cosa? Del pubblico ludibrio! Guarda lì, c’è Afrodite, nella tua fucina, mano nella mano con Ares. Non era stata assegnata a te, cornuto che non sei altro? »  
« Hera, adesso basta », tuonò Zeus. Il corpo del Dio sembrò aumentare di intensità e di calore mentre scariche elettriche crepitavano intorno alla sua epidermide.
« Zeus, a te non interessa affatto difendere Efesto, della cui paternità peraltro non sei affatto sicuro. No, tu difendi lo storpio perché il suo lavoro è essenziale in questa inosservanza delle regole che state compiendo. »  
Hera si voltò e sgusciò via in un baleno.
Nell’antro di Efesto, la tensione si sciolse e tutti tirarono un sospiro di sollievo. Zeus aveva salvato la faccia, ma s’incupì pensando al caratteraccio di Hera.
Non era di quelle che minacciavano invano.
« Dove lo custodirai? », chiese Zeus a Efesto mentre toccava, con la mano destra ancora elettrizzata, il vetro speciale della capsula che avrebbe tenuto in sospensione, in attesa dell’antidoto al sangue del centauro, la vita del figlio prediletto di Zeus, Eroe tra gli eroi, semidio tra gli uomini.
« C’è una terra che si allunga nel grande mare prima dei confini del Mondo, c’è un bellissimo golfo e una montagna eruttante che Eracle già ben conosce dai tempi della fatica dei buoi. Lo nasconderò all’interno del monte, e farò in modo che la città lo glorifichi con il nome di Herculaneum », rispose l’artigiano degli Dèi.
« Bene », riuscì a rispondere, nascondendo a fatica il groppo in gola, Zeus. 

 
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