Con Enzo Bearzot muore un uomo d'altri tempi.Ricordate la sfida con Pertini, Zoff e Causio
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Con Enzo Bearzot muore un uomo d'altri tempi.Ricordate la sfida con Pertini, Zoff e Causio

E' morto un ct dal tratto umano, uno che sceglieva gli uomini guardandoli negli occhi

Con Enzo Bearzot muore un uomo d'altri tempi.Ricordate la sfida con Pertini, Zoff e Causio

Ci sono immagini che recano con sé la linfa dell’immortalità. La foto della partita di briscola sull’aereo tra Dino Zoff, Sandro Pertini, Franco Causio e Enzo Bearzot, con la Coppa del Mondo di Calcio a fare da fermacarte, rappresenta il giusto epilogo della fortunata spedizione mundial del 1982.
Ci ricordiamo gli occhi spiritati e la folle corsa di Marco Tardelli, ci ricordiamo il balzo braccia al cielo di Pertini “non ci prendono più”, ma dovremmo ricordarci anche questa foto d’altri tempi con uomini d’altri tempi.
Uomini come Enzo Bearzot.
Battagliero ma non ciarliero, parco di parole come i friulani ma ugualmente aperto di cuore una volta riconosciuto in te un uomo leale.

Se n’è andato come aveva vissuto, senza rumori, erano gli altri a far rumore; in modo analogo solo per altri si sprecano elogi al coraggio ed alla lungimiranza strategica.
Come se fosse da pavidi far debuttare un ventenne Antonio Cabrini nella prima partita del mondiale del 1978. 

 

Già, avete capito bene, Enzo Bearzot fece fare il debutto assoluto al bell’Antonio nella prima partita del mondiale.
E Antonio Cabrini non era neanche titolare della Juventus, ma Bearzot, al contrario di giornalisti e donne (lo schiaffo alla tifosa di Evaristo Beccalossi) aveva l’occhio lungo in fatto di calciatori e uomini. Ed anche dal punto di vista strategico non è stato mai troppo apprezzato.

 

 

 

La nazionale azzurra del 1978, considerata da molti una delle migliori, se non la migliore del dopoguerra, era, per i tempi, tatticamente avanzata; una nazionale che aveva in campo, contemporaneamente, gente come Franco Causio, Marco Tardelli, Pablito Rossi, Giancarlo Antognoni e Roberto Bettega, con il solo Benetti a far legna in mezzo al campo.

L’avesse schierata un ct straniero si sarebbe parlato di “calcio totale”, per il friulano invece si scelse “calcio pane e salame”.

Gli unici salami erano semmai i giornalisti, quelli che pretendevano la sua testa dopo i tre pareggi iniziali, gli stessi che furono poi straordinariamente svelti (una caratteristica di molti giornalisti) nel balzare al suo fianco nei giorni della vittoria al Santiago Bernabeu.

Enzo Bearzot avrebbe potuto ridicolizzarli.
Non lo fece, non era nel suo stile.

Pensate un po’ cosa avrebbero improvvisato al suo posto figure rancorose e presuntuose come Lippi e Mourinho?

Per la verità Lippi lo ha fatto “Non voglio nessuno sul carro dei vincitori”, ma gli è andata male.

Come se non ci volesse coraggio e competenza calcistica nel sostituire due autorità come Giacinto Facchetti e Gianni Rivera con giovani quali Gaetano Scirea e Giancarlo Antognoni. Proprio Antognoni in questi ore ci ha dato un’altra misura della caratura dell’uomo Bearzot: “Quando dovetti saltare la finale del mondiale per infortunio ricordo che Enzo era quasi più dispiaciuto di me”.

Bearzot capiva gli uomini.

Questa attenzione agli uomini è un concetto difficile fa far passare oggi, in un mondo del calcio sempre più ingegnerizzato, con l’elettronica che si sostituisce ai Cavanna di coppiana memoria, e dove anziché scegliere sulla base del numero di palleggi lo si fa dopo aver analizzato i risultati del Test di Cooper (e qui bisognerebbe interrogarsi su come sia stato possibile adottare un test militare usato in ambito Nasa come parametro per un calciatore).

Questo suo straordinario fiuto lo portò a scartare Roberto Pruzzo per far posto a Pablito, reduce dalla squalifica per calcio-scommesse.  
Avrebbe potuto scegliere anche Bruno Giordano, il miglior centravanti di quegli anni, come Rossi fermo per lo scandalo, ma non lo fece. Perché?

Perché sapeva, viveva e respirava calcio.

Si sarebbe portato, anche zoppo, anche in panchina, Roberto Bettega. Fu Bobby-gol a tirarsi fuori.

Non era un ct, era un padre. Uno competente però, che non aveva preconcetti e credeva nel dialogo. “Chi marca Zico?” chiese, “Io” rispose Claudio Gentile.

Il resto è storia.

Come un padre non se la sentì di lasciare a casa i suoi figli, e questo gli fu fatale, al di là del crepuscolo di un ciclo, nel 1986. Ma un padre non abbandona mai i figli. E i figli non lo hanno dimenticato tributando a questo burbero padre-maestro il loro amore filiale.

E’ superato un uomo così? Io dico che è talmente antico da risultare moderno.

Per lui, per l’Enzo nazionale, si avanzò anche la proposta di farlo eleggere senatore a vita per meriti sportivi.

La cosa non andò in porto, Bearzot, con il suo stile asciutto e silenzioso non era uomo da urlacci e intrighi in Parlamento, laddove invece qualcun altro si potrebbe trovare a suo agio.

Massimo Bencivenga

 
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