River Plate, si è rotta la Máquina
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River Plate, si è rotta la Máquina

Chissà cosa avrà pensato, domenica sera, il grande Alfredo Di Stefano, la saeta rubia del Real Madrid. E del River Plate

River Plate, si è rotta la Máquina

Darei molto (non tutto, eh!) per la possibilità di poter intervistare Alfredo Di Stefano e sentire dalla sua viva voce i pensieri che ha avuto quando si è realizzata la debacle della retrocessione del River Plate.

Pur se un po’ in disarmo, il River Plate è una delle società calcistiche più gloriose e ricche di Storia del mondo calcistico, e fa un po’ tenerezza veder scivolare in serie b la leggenda.

Se chiedete ad un qualsiasi appassionato di calcio, di qualsiasi età, di dirvi il nome di una squadra sudamericana ci sono buone possibilità che il nome del River Plate possa uscire nel mazzo delle prime dieci, accanto a compagine quali il Flamengo, il Boca, il Santos (per via solo di Pelè), il Penarol, il Nacional, il Vasco Da Gama, l’Estudiantes, il San Paolo e qualcun'altra.

Fondata anche con il contributo di immigrati italiani, il River è stata una vera e propria fucina di campioni; in questi neri e bui giorni si sente dire, non a torto, che è andata in serie b la squadra di due totem calcistici come la saeta rubia Alfredo Di Stefano e di el cabezon Omar Sivori, il profeta del tunnel e dello sberleffo.

Il primo aveva antenati di Capri, il secondo finì la carriera all’ombra del Vesuvio.

 

 

 

Ma il River ha lanciato nel calcio che conta anche due nostre vecchie conoscenze come Hernan “valdanito” Crespo e Marcelo Salas, che si diedero il cambio sulla sponda del Mar de La Plata per poi trovarsi insieme nella capitale italiana nell’anno di grazia 2000-01.

E’ stata anche la squadra del Caudillo Daniel Passarella, il capitano della prima Argentina campione del Mondo.
Ma lasciamo Roma e ritorniamo in Argentina, laddove se si dice River il pensiero corre, subitaneo e felice, alla celebre Máquina.

Cos’era la Máquina platense?

Era una formidabile linea d’attacco, una linea mai più ripetuta, a sentire gli ormai pochi cronisti che la videro in azione nella metà degli anni ’40.

I cinque d’attacco erano, da destra a sinistra, in campo come nella foto: Munoz, Moreno, Pedernera, Labruna, Lostau.

La riserva di questi Fab 5 era un giovane Alfredo Di Stefano.

Questa cinquina faceva strage di difese e fece la fortuna anche della Celeste che s’impose di forza e a suon di gol in un paio di Copa America.

José Manuel Moreno è ritenuto essere il terzo calciatore argentino all time dopo lo stesso Di Stefano e Maradona.

Angel Labruna era brutto, con la pancetta, sgobbato e 292 gol in carniere, secondo bomber di sempre, ad una sola lunghezza, dopo Erico.

Felix Lostau era il poeta della fascia sinistra, el gran zurdo, l’uomo dalla finta micidiale, il grimaldello che apriva le difese per le scorribande degli altri.

E poi c’era il leader: Adolfo Pedernera. Nomen Omen, era detto il Napoleone del calcio, centravanti dotato di tecnica sopraffina. Una volta Di Stefano alla domanda su chi, tra lui e Pelè, fosse il miglior calciatore al mondo il boss del Real Madrid rispose con: “Entrambi un gradino sotto Pedernera”.

E adesso è tutto finito. Serie b, e gli avvoltoi si avventeranno, famelici sul talentino Lamela.

Chissà cosa avrà pensato, domenica sera, Alfredo Di Stefano.

 

Massimo Bencivenga

 
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