A Genova s'impone Marco Doria, un altro cazzotto ad un PD sempre più in difficoltà
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A Genova s'impone Marco Doria, un altro cazzotto ad un PD sempre più in difficoltà

Tra la Vincenzi e la Pinotti, donne toste e d'esperienza in orbita PD, i genovesi scelgono un professore in quota SEL. E' l'effetto Pisapia? Forse i maggiorenti del PD devono cominciare ad interrogarsi un po'..

A Genova s'impone Marco Doria, un altro cazzotto ad un PD sempre più in difficoltà

 

Non pochi politologi, esperti quanto mai fallaci, sarei a tal proposito, aprendo un rapido inciso, curioso di vedere se ci prendono più o meno degli astrologi, con la caduta (?) del berlusconismo  avevano ipotizzato la disintegrazione del Pdl, facendo leva sulla cadente e forse per sempre sotterrata leadership dell’uomo di Arcore.
Invece, se non stanno attenti dalla parti di Piazza Sant'Anastasia, nei pressi del Circo Massimo, a saltare saranno loro, ossia il PD.

Il partito a vocazione maggioritaria sognato da Salvati e portato oltre il 30% da Veltroni rischia una Caporetto.
E pensare che la citata performance del 2008 sembrava un punto fermo, una pietra miliare da cui (ri)partire.
A distanza di quattro anni, quelle percentuali rappresentano un sogno. L’ultimo smacco è rappresentato dalla vittoria, alle primarie per designare il futuro candidato sindaco di Genova, del rappresentante di SEL Marco Doria, che ha messo in fila le due donne del PD, ossia il sindaco uscente Marta Vincenzi e Roberta Pinotti.

 

 

Marco Doria, ex Pci, professore di Storia dell’Economia, ha ottenuto il 46% delle preferenze con qualcosa come 11.499 voti a favore. Marta Vincenzi, il sindaco uscente ed ex europarlamentare, si attesta infatti al 27,5% con 6.885 voti. Terza Roberta Pinotti, con 5.902 preferenze per un gradimento al 23,6%. Burlando e Sassano non raggiungono i 500 voti.
Questa scoppola per il PD si aggiunge a quelle prese: in Puglia, quando D’Alema cercò di imporre Boccia;  a Milano, dove nonostante tutto non volevano accettare Pisapia; a Napoli, dove con una fune alla gola appoggiarono De Magistris; e a Cagliari, dove s’impose Zedda, uno sconosciuto o quasi per l’establishment politico.

Così come sottolineato da Michele Emiliano, magistrato sindaco di bari, che ha tuonato: “E’ l'ennesima prova, dopo Milano, Napoli, Cagliari, che questo Pd viene rifiutato dagli italiani come riferimento del futuro dell'Italia. Prima cominciamo a cambiarlo meglio sarà”.

Una considerazione, da parte di un politico di spicco, che suona come un monito o un de profundis per il Pd. Per adesso è un warning grande così, potrebbe diventare un requiem se le cose non dovessero cambiare.
A livello di scelte strategiche e tattiche. O il PD fa uno sforzo e cerca di dare ascolto e voce alla base, oppure sempre più spesso incorrerà in questi infortuni.

Deve anche essere chiaro su cosa vuole fare per una prossima alleanza, se stare con SEL e, forse, IDV oppure cercare di sfondare al centro, facendo l’occhiolino al Terzo Polo e sperando che la corrente rossa del PD segua la dirigenza senza batter ciglio votando anche per Fini e Bocchino.

Se la parte bianca del PD non ha problemi a dialogare con l’Udc et similia, lo stesso non si può dire degli ex Pci o di quelli che hanno sostenuto il PD in quanto portatore, in chiave postmoderna, dei principi di sinistra.

La vocazione maggioritaria, mi sento di dire, non c’è più; adesso tutto si gioca sul piano delle alleanze.

Secondo me i maggiorenti del partito vorrebbero sganciarsi dalla Sinistra più estrema, ma sanno altresì che è lì, e solo lì, che possono invece diventare importanti.

Un bel rebus per Bersani&Co, che rischiano di perdere altre percentuali se il Governo Monti modificherà l’articolo 18 senza nessun vantaggio per i lavoratori. O per il paese.

No, davvero non vorrei essere nei panni di Pierluigi Bersani.  

Massimo Bencivenga

 

 
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