Questa parolina, soprattutto quando viene associata alla parola Digital, corre il serio rischio di diventare molto popolare, perché va a indicare il tentativo di disintossicarsi.
Da cosa? Dalla tecnologia. Proprio così, il Digital Detox, rappresenta la voglia di isolarsi.
Sembra un paradosso, per anni noi uomini e donne abbiamo anelato a essere multitasking, sempre in contatto con amici e parenti, alla ricerca di nuovi stimoli e adesso che tutto ciò è possibile ci accorgiamo che forse la cosa ci fa male.
Sociologi e università sono già alle prese con i primi esperimenti, che vedono protagonisti delle persone che staccano la spina. E non parliamo di persone qualsiasi, ma proprio di quelle come già dette multitasking, quelle che non potevano fare a meno di controllare uno smartphone, di consultare ossessivamente le mail in arrivo, quelle che erano perennemente davanti a uno schermo.
Nei casi più gravi, la connessione perenne, a sentire alcuni studi arriva a far emergere una correlazione diretta tra tecnologia e depressione. Si scivola nell’addiction senza volerlo, spiegano gli psicologi.
All’inizio è piacevole, il cervello stimolato da impulsi positivi aumenta la produzione di endorfine, che procurano benessere. Alla lunga però gli stessi stimoli vanno ad alterare il ciclo del sonno e in qualche caso il ritmo circadiano. Questo nei casi più gravi.
Ma anche senza arriva alla terribile parola che inizia per D, l’ossessione e la dipendenza dalla tecnologia inducono: ansia, ipertensione, insonnia, attacchi di panico, disturbo della memoria, calo della concentrazione. Esagerazioni! Ma dite un po’, non vi sembra esagerato (per non dire patologico) controllare, senza motivo, lo smartphone 150 volte al giorno? E’ ciò che fanno i nativi digitali per default e chi lavora con le tecnologie. Non va infine sottovalutato il fatto che molti delle persone che si sottopongono al Detox Digitale (e se parlate con loro non vi sembrerà di scorgere differenza alcuna con le confessioni degli Alcolisti Anonimi) sono perlopiù tecnologi, giornalisti, pubblicitari e networker. Come a dire, gli spacciatori sono i primi a voler uscire dal tunnel. Ironico, nevvero?
Chi l’ha fatto ne ha tratto benefici? Sicuramente hanno riscoperto attività come passeggiare, cavalcare, dipingere, leggere che non facevano da tempo. Per qualcuno quell’ozio è stato anche “creativo”, per altri no. Ma tutti hanno parlato bene della necessità di staccare per un po’ la spina, di darsi al Digital Detox. All’estero ci sono già, ma qualcosina comincia a sorgere anche in Italia. Cosa? Hotel, alberghi, resort, centri termali e centri benessere privi di connessione, in grado di offrire ore e vacanze unplugged.
E cominciano a nascere anche iniziative in tal senso. Il 7 Marzo c’è il National Day of Unplugging www.nationadayofunplugging.com
L’Accademia del silenzio www.accademiadelsilenzio.org su iniziativa del filosofo Duccio Demetrio e della giornalista Nicoletta Polla Mattiot ha proposto delle giornate di meditazione lontane dal rumore del mondo, ivi incluso il “rumore bianco” di tipo digitale. Se non ci riuscite da solo c’è la tecnologia ad aiutarvi. Proprio così!
Per quanto possa sembrare strano esiste almeno una applicazione (ho detto almeno una perché in realtà ve ne sono diverse) in grado di inibire, a tempo, ogni azione digitale. L’app si chiama Freedom e se ne son servite persone del calibro di Naomi Klein (l’autrice di No Logo e Shock Economy), Dave Eggers, Nick Horby e uno dei miei preferiti, il guru del marketing Seth Godin.
Alla fine però, più importante di tutto, della tecnologia di Detox e delle giornate una tantum è una nuova e più profonda educazione alla profondità. Il web ci dà l’impressione di essere ovunque, ma siamo solo in superficie, mentre la vera essenza sta nella profondità. Nessuno ci ha preparati né educati a questo, ma non per questo non possiamo sviluppare delle ottime strategie per vivere al meglio il mondo digitale, per non scivolare nelle patologie e ricorrere al Detox.
Massimo Bencivenga |