Copa para quem? Rivaldo e Romario contro una Coppa del Mondo che affama il Paese
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Copa para quem? Rivaldo e Romario contro una Coppa del Mondo che affama il Paese

La dichiarazione è un po’ forte, lo ammetto. In questi giorni se dici Brasile il pensiero corra alla Confederation Cup, a donne bellissime, a momenti di allegria e gioia alla via così, come dicono in Marina. Ma c’è anche altro.

Copa para quem? Rivaldo e Romario contro una Coppa del Mondo che affama il Paese

Le immagini di protesta non arrivano, ma ci sono.
E furenti.
Al punto da aver costretto i politici a qualche passo indietro.  
C’è un forte movimento anti-mondiali e anti-olimpiadi che si sta battendo e sta ponendo l’accento sugli sprechi insensati che il Governo starebbe facendo per l’organizzazione dei Mondiali di calcio dell’anno prossimo e delle Olimpiadi 2016.

E anche alcuni big del calcio si sono apertamente schierati dalla parte del popolo.
La scintilla della protesta è stato l’aumento, teso a finanziare le manifestazioni, del prezzo dei biglietti del trasporto pubblici, ma poi la cosa, come detto, si è amplificata andando a evidenziare e a puntare l’attenzione sullo spreco di denaro pubblico che starebbe caratterizzando l’organizzazione dei Mondiali del prossimo anno.

Nel giorno dell’inaugurazione, poco prima della partita Brasile-Giappone, i militanti del Movimento dei lavoratori senza casa (Mtst) hanno impilato e bruciato numerosi pneumatici, tentando in tal modo di impedire l’accesso al nuovo stadio Mane Garrincha, l’ala destra claudicante per via di una gamba più corta che giocava e incantava al fianco di Pelè.

O’ Rey, dal canto suo, presidenziale e istituzionale com’è, invita a smorzare i toni.

Del resto, verrebbe da dire, che sarà mai? E invece la realtà sembrerebbe ben diversa.

Solo per costruire il Maracanà sono stati abbattuti un museo indigeno, una scuola pubblica e un numero imprecisato di abitazioni.
Simili abusi sarebbero stati compiuti in tutte le città brasiliane interessate dai mega-progetti “necessari” per i Mondiali del prossimo anno.
Uno studio delle Nazioni Unite, non propriamente una organizzazione rivoluzionaria e di sinistra, ha stimato, solo per la zona di San Paolo, il numero totale di persone sfrattate intorno alle 100mila unità.

Romario do Souza Faria, ex campionissimo e attuale deputato del Partito socialista (Psb), parla della competizioni sportive come di una grande Rapina al popolo brasiliano; Rivaldo, Pallone d’oro 1999, ex Barcellona e Milan, a 41 anni gioca ancora, Nel Sao Caetano, non ha elettori da compiacere, ma ci ugualmente giù duro: “E’ vergognoso spendere così tanti soldi pubblici per Brasile 2014 mentre ospedali e scuole restano in situazioni di disagio. Il paese non è nelle condizioni di ospitare questi due grandi eventi e le proteste degli ultimi giorni lo dimostrano”.
Dice di parlare per esperienza, perché “Sono stato povero e ho vissuto in prima persona cosa significhi non avere un servizio scolastico e sanitario adeguato”.

Già, un servizio sanitario adeguato magari avrebbe salvato il papà morto in un ospedale di Recife, e anche lui avrebbe avuto meno problemi con denti e mandibola.  

Questi “Indignados” sono un po’ diversi da quelli che scendono in piazza in Europa. Paradossalmente, in Brasile la gente sta scendendo in piazza non perché sta peggio ma perché sta meglio di ieri. Una differenza sostanziale. A San Paolo, a Rio e a Belo Horizonte protestano i figli d’una classe media che in questi anni ha conosciuto, in quasi tutti i paesi latinoamericani una crescita senza precedenti, perlopiù grazie ai prezzi delle materie prime.

Queste persone chiedono una cosa semplice: che questa crescita si traduca in un nuovo, duraturo e vero benessere. Per tutti. Chiedono più educazione, servizi più efficienti, una vita davvero migliore (i più sofisticati dicono in un diverso modello di sviluppo) e non soltanto in tronfie esibizioni di potenza sportiva che si vanno consumando all’interno di stadi inutilmente faraonici.
Copa para quem?, coppa per chi?
Già, non certo per gli sfollati o sfrattati che dir si voglia.  

 

Massimo Bencivenga 

 
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