
Sul finire dei ruggenti anni ’90 nel mondo del calcio imperavano le “sette sorelle”, vale a dire: Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio, Fiorentina e Parma. La classifica finale del campionato 1999-00 recitava: Lazio, Juventus, Milan, Inter, Parma, Roma e Fiorentina. Alcune di queste squadre son fallite, hanno cambiato proprietà, sono state penalizzate, sono state al centro di alcuni scandali, sono state retrocesse per motivi giudiziari e/o fiscali, eppure....
Eppure il 7 Gennaio del 2013 la classifica della serie A, al termine del girone d’andata, nelle prime otto posizioni, recita: Juventus, Lazio, Napoli, Inter, Fiorentina, Roma, Milan e Parma. Con l’eccezione del Napoli, nobile decaduta ascesa a nuovi onori, le sette sorelle, dopo le suddette peripezie, sono ancora lì.
Sarà un caso? O, piuttosto, un segnale, una misura dell’ingessatura che affligge il calcio italiano? Negli stessi anni, in altre parti d’Europa ci sono stati exploit inaspettati, vedi il Wolfsburg in Germania o il Montpellier in Francia, nonché crescite esponenziali di realtà come il Chelsea, il Malaga e adesso il PSG. Negli ultimi casi, la crescita è dovuta a presidenti che immettono sul mercato grossi quantitativi di denaro derivanti in massima parte dall’energia, quindi da petrolio et similia. Perché sceicchi, oligarchi e magnati vari si tengono alla larga dall’Italia? E’ solo una questione fiscale? O c’è altro?
Nel caso inglese la questione fiscale c’è eccome, ma, oggi come oggi, non potrebbe essere più appetibile l’Italia rispetto alla Francia e alla Spagna. Forse hanno paura di entrare in un gioco che prevede un circolo ben ristretto e che fa una certa fatica ad accettare new entries. La Lega favorisce i soliti noti, la spartizione dei diritti televisivi è fatta per garantire soldi al club e tenere fuori gli altri. Il Chievo, tanto per dire, in Inghilterra avrebbe avuto molto di più, perché lì, nella ripartizione della torta dei diritti si dà una certa importanza ai risultati; da noi si bada quasi unicamente al bacino d’utenza, che pure è importante, ma che, nondimeno, se finisce per essere troppo “dominante” va a brutalizzare la crescita dei “piccolini”.
Ecco, non scopro certo chissà che, ma è innegabile che il calcio italiano va riformato e reso più appetibile e competitivo. A trarne vantaggi sarebbero in molti, anche il sistema Italia in senso più lato, dal momento che lo sport è la quarta impresa d’Italia e il calcio ha una quota dominante all’interno di questa grande impresa collettiva.
Massimo Bencivenga
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