 “La rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state disastrose per la razza umana..” così iniziava il delirante manifesto di Unabomber, il vero Unabomber. Unabomber, al secolo Ted Kaczynski, è attualmente rinchiuso in qualche carcere di massima sicurezza negli States, ma tenne in scacco gli investigatori statunitensi per non meno di 15 anni. In primis il nome, Unabomber sta per University and Airlines Bomber, perché si accaniva nel colpire Università e Linee aeree. Ma chi era Ted Kaczynski?
Potremmo tranquillamente dire che era qualcosa di molto simile ad un genio matematico.
Nella sua tesi di laurea, ancor studente, fornì una dimostrazione ad un teorema che aveva dato filo da torcere a legioni di professori. Ivi compresi i suoi. Ha insegnato alla Berkeley University.
Prima della carriera da distruttore. Quale che fosse il suo movente non è questa la sede adatta, e forse non sapremo mai il perché una mente così brillante abbia preso una simile deriva.
Voci non del tutto confermate lo tratteggiano come occasionale consulente del governo, sembra abbia avuto un ruolo nell’aiutare i federali contro Timothy McVeigh ad Oklahoma City. Leggende metropolitane buone per romanzi. O forse no.
Magari, chissà, è stato interpellato anche lui nel caso che vedeva coinvolto il nostro, italico, presunto Unabomber, l’ingegnere pordenonese Elvo Zornitta. Se non altro per una questione di copyright.
Per adesso l’ingegnere ha avuto ragione, non ci sono prove schiaccianti che lo inchiodano. “Mancano elementi sufficienti per sostenere l'accusa”. Ha chiesto un risarcimento danni perché la sua vita, dal 2004, ha preso una piega inaspettata. Ha perso il lavoro e cambiato casa. Sua figlia ha subito notevoli pressioni psicologiche, e non facciamo fatica a immaginarle. Quale genitore vede di buon occhio la frequentazione con la figlia di un presunto pazzo omicida? Ricostruire la storia di una serie di attentati cominciata nella metà degli anni ’90 è impresa mica da ridere, ma solo dal 2004 le indagini si sono concentrate su Elvo Zornitta. Di particolare interesse sono stati gli accertamenti, disposti a suo tempo dal Giudice distrettuale antimafia, Enzo Truncellitto, volti a verificare la compatibilità fra un paio di forbici sequestrate a Zornitta e alcuni pezzi di un ordigno attribuito a Unabomber.
Al centro dell'esame un accendino, preparato per scoppiare, trovato inesploso sotto l'imbottitura in pelle di un inginocchiatoio nella chiesa di Sant'Agnese di Portogruaro (Venezia). L'ordigno fu scoperto il 2 aprile 2004 da una donna delle pulizie che lo consegnò al parroco e quindi agli investigatori. All'epoca era la seconda trappola di Unabomber trovata inesplosa, dopo l'uovo che faceva parte di una confezione acquistata alcuni mesi prima in un supermercato di Portogruaro (Venezia).
Il Giudice distrettuale antimafia di Trieste, Enzo Truncellitto, fece arrivare, direttamente dagli Usa, anche un super detective dell'Fbi: Carlo J. Rosati. Questi affiancò Pietro Benedetti, ex direttore del centro di catalogazione e brevetto delle armi di Gardone Val Trompia, considerato uno dei massimi esperti di armi in Italia. Sulle forbici lavorò per diverso tempo Ezio Zernar responsabile del Lic (Laboratorio di indagini criminalistiche) di Venezia. Ezio Zernar, a sentir lui, lavorò giorno e notte, utilizzò innovative tecniche, imparate negli States, sulle forbici. I famosi toolmark, impronte metalliche che, al pari di quelle digitali, sono uniche e diverse per ogni tipo di lama. Possiamo immaginare la solitudine di Zernar nell’indagare il risultato di un’altra solitudine, quella di Unabomber. La preda e il predatore, due diverse solitudini.
Ezio Zernar è indagato per aver alterato il lamierino al fine di farlo combaciare con i segni lasciati dalla forbice sequestrata al professionista. Su tale adulterazione hanno dato il loro parere favorevole anche i tecnici del Ris. Nel corso degli anni agli scienziati in divisa si sono affiancati gli “strizzacervelli”, i profiler. In uno dei suoi interventi il criminologo Carmelo Lavorino presentò i sette fattori che, secondo lui, individuò come il “Modello Unabomber”. Si tratta di un diagramma mediante il quale è possibile ricostruire tutto il profilo della psiche e del modo di agire del bombarolo senza volto. Articolato per strategia, skills, sistemi, staff, struttura, stile, shared value. In conclusione affermò che trattasi di un individuo "ironico, beffardo e provocatore, sobrio e controllato" ma anche "paziente, attendista, ha lo stile dell'orologiaio". "contemporaneamente è committente, ideatore, organizzatore, fiancheggiatore, copertura e intermediario delle sue attività". Compie "analisi e sopralluoghi del tipo mirato, unito a grandi capacità di mimetismo e travisamento".
Alla fine il criminologo tirò le somme. Unabomber ha, disse, un "progetto totale e finale di vendetta contro la società e di dialogo basato sugli ordigni". Compie i suoi gesti perché il suo movente psichico ha una "pulsione eterodistruttiva (cioè volta a distruggere gli altri) ed autodistruttiva". Quando compie i suoi attentati, il bombarolo prova un'"autogratificazione perversa", e tutto sommato non gli interessa chi colpirà, perché ha una "vittimologia casuale di tipo simbolico legato all'uso dell'ordigno". Insomma, un uomo scaltro e attento, dotato di grandi capacità e pazienza.
La partita, però, è tutt’altro che finita, nel mirino ci sono ancora dei filmati. E il mistero continua.
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