
La riforma delle province è arrivata più o meno con la festività di Halloween, e non si tratta di uno scherzetto. No, sarà la prossima realtà.
Siamo in Europa, la Spending Review lo impone, ma tutto ciò andatelo un po’ a spiegare ai pisani e ai livornesi, ai materani e ai potentini. Si aspettano altre misure similari anche per le regioni a statuto speciale. Chissà se si riuscirà a unire Gorizia con Trieste, o Siracusa con Ragusa.
In cambio di un abbassamento (teorico) dello spread, in nome di una Europa che ci guarda, stiamo facendo delle cose che normalmente non avremmo fatto. Cose successe peraltro anche in altri paesi, basti pensare all’invasività e alla “brutalità” in alcune direttive del Patrioct Act.
Pensate che il Patriot Act sarebbe stato approvato prima dell’11 Settembre? In modo analogo, pensate che la Riforma Fornero per le pensioni sarebbe stata accettata così com’è se non ci fossero stati, contestualmente, uno spread alto e il primo serio atto di un governo tecnico di salvezza?
Ecco, in condizioni normali le province non sarebbero mai state ridotte così drasticamente, fermo restando che alcune, quelle introdotte più recentemente, non avrebbero proprio dovuto veder luce. Ma la riforma delle province reca con sé anche un altro fattore, a mio avviso più grave. Quale? Con la riforma pensata dai professori, le province verranno ridotte in numero e i politici (anch’essi fortemente ridotti) verranno eletti non più dai cittadini, bensì solo dai sindaci e dagli amministratori locali. In altre parole, a fronte di un risparmio per le elezioni, si toglie potere e rappresentatività alle persone. Ed è una cosa che francamente non mi va affatto giù. Sulla costituzionalità di una simile iniziativa, cioè togliere il "mandato" agli elettori, si deve pronunciare a breve la Consulta, spero bocciando una simile tesi.
In questo momento siamo indignati, ma non dobbiamo perdere il lume della ragione. Un’altra proposta da indignati scellerati consiste nel voler limitare il numero dei mandati ai parlamentari. Perché? Se uno bravo a far politica può farla anche per 40 anni. Perché limitare la libertà e la facoltà di esercitare un diritto a qualcuno? Senza contare che una siffatta operazione, in mancanza di una riduzione in numero e in emolumenti e pensioni andrebbe a pesare anche di più sulle casse dello Stato. E poi sapete una cosa? Il vecchio partito comunista questa cosa la faceva già, ma non perché illuminato o perché tenesse al bene dell’Italia.
No, lo facevano per garantire una lauta pensione a tutti, e per dare un turno a tutti dal momento che non erano tantissimi.
Se si guarda solo all’economia si corre il rischio di non notare che si stanno facendo dei passettini indietro sul fronte della democrazia e della rappresentatività.
Ecco perché dobbiamo indignarci, ma con intelligenza.
Massimo Bencivenga
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