Licenziata perchè usa Facebook
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Licenziata perchè usa Facebook

Un licenziamento in Svizzera impone una serie di considerazioni sull'uso dei social network nelle società e sul luogo di lavoro

Licenziata perchè usa Facebook

Licenziata perchè usa Facebook. Sul luogo di lavoro? No, mentre era a casa dopo essersi data malata per una forte emicrania. La notizia non è neanche dell’ultimora essendo la cosa successa a Novembre. Una 31enne di Basilea, dipendente della nota compagnia di assicurazioni svizzera Nationale Suisse, si è data malata per un giorno, ma a sentire il suo capoufficio è stata “casualmente” beccata mentre usava Facebook. Al ritorno è stata licenziata con la motivazione “chi è in grado di navigare in Rete, può anche lavorare”. In realtà la cosa può sembrare un’esagerazione, forse lo è. Una cosa è navigare per qualche minuto, ben altro stare davanti ad un monitor, in modo efficiente, per un’intera giornata.


E poi cosa dovrebbe fare un dipendente mentre si trova a casa in malattia? Deve assolutamente evitare tutte le attività e restare a letto? Il computer lo si può usare anche stando a letto. La ragazza ha infatti detto a “20 Minuten online” che, a causa dell'emicrania, non riusciva neppure a camminare avanti e indietro per casa, e che si è messa navigare su Facebook stando sdraiata sul letto, col suo telefonino iPhone. Tutto ciò solleva delle discussioni e impone delle riflessioni. Ultimamente siamo tutti diventati esperti di privacy, ci proteggiamo in modo ossessivo nella realtà ma, per una strana legge, una sorta di contrappasso cibernetico, su internet vogliamo essere quanto più visibili possibili, perché se non siamo visibili lì abbiamo la sensazione di non esserci, di perderci in qualcosa di amorfo, di non esistere. Qualcuno in realtà vive più lì che fuori ma questo problema lo lasciamo a sociologi e psicologi. Si può licenziare un dipendente perché un giorno si da malato e naviga? Io penso che anche gli automi svizzeri possano avere un’anima; non conosco il caso ma, con molta probabilità, può trattarsi dell’abusatissima, una metafora sempiterna, goccia che fa traboccare il vaso. In altre parole la fiducia nella dipendente era già ai minimi storici. Il tutto sembrerebbe confermato dalla dipendente stessa che asserisce di essere stata intrappolata. Ha accusato il capoufficio di aver spiato per un lungo periodo sia lei che altri dipendenti. A sostegno della sua ipotesi ha portato una strana richiesta d’amicizia da una fantomatica “Hannelore Müller”. Lo stesso account, senza foto, sarebbe arrivato anche agli altri due dipendenti. Mah. In un’eventuale causa potrebbe avere delle chance, ma da qui a dire di essere spiata ce ne passa. E poi si ritorna al problema di prima. Nel mondo cibernetico si lasciano tracce del nostro passaggio. Sempre. E’ un bene e un male, dipende dall’uso che facciamo noi o dalle informazioni che gli altri cercano su di noi. E’ bene tenerlo a mente. Concludo dicendo che al lavoro si dovrebbe lavorare e i gentiluomini e chi fa il proprio lavoro non hanno nulla da temere.

 

                                                                     Massimo    Bencivenga

 
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