 Nell’anno precedente a quello attualmente in corso le vendite globali dei beni di lusso hanno raggiunto soglie davvero sontuose: le cifre ballano dai 217 miliardi di euro certificati da Bain-Fondazione Altagamma, e i 230 di Boston Consulting Group. Nel 2013 sono stati 380 milioni i consumatori di questa tipologia di prodotti e l’aspetto più interessante è che il trend è in crescita, dunque si prevede che nel 2020 saranno 440 milioni.
Interessante anche la ricerca finalizzata a scoprire “la percezione del Made in Italy”, condotta da Bcg e Exane Bpn Paribas in collaborazione con Fondazione Altagramma. Il managing director di Bcg, Antonio Achille, a tal proposito ha affermato che «il made in, di cui spesso si discute anche in sede europea, è un asset irrinunciabile per i clienti globali del lusso. La provenienza dei prodotti è un aspetto fondamentale per l'80% dei consumatori, che dichiara di verificare l'origine dei prodotti acquistati, soprattutto nei Paesi emergenti, che sappiamo essere i mercati più interessanti per le aziende italiane. In tutte le categorie del lusso personale il made in Italy è in testa alle classifiche di preferenza, un dato tre volte superiore rispetto al made in France. Fanno eccezione gli orologi, dove la Svizzera rimane il Paese di riferimento, ma non è un risultato che sorprenda, ognuno ha la sua specializzazione».
Grasso che cola, dunque, per tutte quelle realtà italiane che fanno dell’esportazione di beni di lusso il loro core business; i produttori di borse di lusso ed alta pelletteria quali Gucci, Luis Vitton, o il meno noto Serapian (http://it.serapian.com/) possono dormire quindi sonni tranquilli, viste le previsioni per i prossimi anni.
Il tutto somiglia molto alla fotografia di una sempre più marcata divaricazione sociale: da una parte tanti che stanno troppo male, dall’altra pochi che stanno troppo bene. |