 Uno alla settimana. Un recente rapporto indica che nel primo trimestre del 2015 la Cina ha “sfornato” un nuovo milionario (in euro o dollaro, fa poca differenza) alla settimana. Sei su dieci hanno meno di 35 anni, e lo stesso rapporto indica che sono ormai un milione i cinesi milionari e che nell’ultimo decennio i miliardari (questa volta i miliardari) son passati da zero a trecentottantotto, secondo soli a nababbi statunitensi.
Numeri importanti, ma che diventano ancora più interessanti se diamo una occhiata al loro stile di vita. Mentre i Piranhas, venivano chiamanti così i primi oligarchi cinesi, quegli che sin dagli anni ’80 recepirono meglio e prima il consiglio governativo dell’arricchitevi in nome e per nome della Cina, pensavano soprattutto ad accumulare soldi e potere, i nuovi ricchi, soprattutto quelli nati dopo il 1980 pensano anche a godersela ed eccome la vita, tra agi, viaggi, acquisti costosi, esperienze uniche e così via.
E di questa propensione dobbiamo ringraziare la cultura globale e occidentale. Perché ringraziare? Perché ogni ricco del mondo, quando ha fatto soldi a palate comincia a guardare all’Italia e ai prodotti italiani nel loro complesso, dagli elementi architettonici al vestiario, dai viaggi al lusso, dalla gastronomia al design in senso lato.
I nuovi ricchi son detti anche Tuhao, un termine con il quale un tempo si andavano ad indicare i vecchi e grandi latifondisti imperiali, ma che adesso, nel 2015, va a connotare i nuovi ricchi, amanti e collezionisti di oggetti e monili, come gli orologi per esempio, occidentali.
Questi nuovi ricchi hanno un carattere edonistico quasi sconosciuto a quelle latitudini. Cosa sta facendo l’Italia per attrarli? Non lo so, ma di sicuro possiamo dire che siamo giunti quasi ultimi come delegazione ufficiale. I tour operator si stanno attrezzando per fornire percorsi di settimane lungo l’Italia a queste legioni di milionari? Le nostre imprese si stanno muovendo, magari di concerto con l’aiuto istituzionale del Governo, per far conoscere i nostri prodotti e le nostre tipicità?
Avete qualche case history da farci conoscere in tal senso? Dì la tua.
Massimo Bencivenga |