 Il 22 aprile si svolgeranno le elezioni nella nazione-guida del continente africano: stiamo parlando del ricchissimo, perlomeno nel sottosuolo, Sudafrica, lo stato ove si svolgeranno i prossimi mondiali di calcio, ma questa è un’altra storia. Fiore all’occhiello dell’impero britannico nel continente, il Sudafrica è stato, per lunghi anni, anche un elemento imbarazzante per tutto l’occidente a causa della sua politica di separazione delle razze. A ben vedere di tale politica sociale, e stiamo parlando dell’Apartheid, è responsabile non tanto la corona inglese quanto invece il National Party che era composto perlopiù dai nativi boeri; e gli stessi vedevano come il fumo negli occhi i coloni inglesi e i loro politicanti in quanto diretta emanazione ed esecutori degli ordini di Londra.
Vale la pena ricordare che, benché inserito sin dal 1973 tra i crimini internazionali, l’Apartheid, di fatto, è stato abbandonato solo in tempi relativamente recenti. Il razzismo elevato a scienza e come esperimento sociale è durato per almeno 40 anni, e per molti versi ci sono ancora elementi di Apartheid. I primi anni ’90 hanno sì avuto il merito di dare dignità e rappresentanza, attraverso l’eroe nazionale Nelson Mandela, ai neri, ma non hanno regalato agli stessi il potere economico, bancario e finanziario di fatto rimasto in mano bianche. La risultante di tale frizione è stata comunque una politica liberista che non ha permesso la piena emancipazione di larghi strati della popolazione.
L’Apartheid adesso è di tipo finanziario: ricchi e poveri. Si è arrivati al punto che i, pochi, neri ricchi si comportano con ancor maggior razzismo nei confronti dei vecchi compagni di Township. Il tutto in un paese estremamente ricco di risorse, ma anche di malattie, l’aids falcidia, anno dopo anno, migliaia di vittime, e di disoccupazione. I maggiori pensatori neri si sono accorti, e lo stanno dicendo ad alta voce, di essere stati ingannati: la rivoluzione non è mai arrivata. Non nelle Township. Il vincitore delle elezioni, sembra quasi certa viste le schiaccianti previsioni, sarà Jacob Zuma. Jacob Zuma non è esattamente uno stinco di santo, anzi. Sotto processo per numerosi reati, che vanno dalla corruzione allo stupro, vanta un seguito enorme tra gli ultimi, gli sconfitti della rivoluzione. Sono disposti a morire per lui, pur sapendolo colluso e corrotto, per il semplice motivo che parla chiaro, in modo diretto e senza tecnicismi; quei tecnicismi e quei ghirigori linguistici che hanno portato in disgrazia Thabo Mbeki. Ciononostante il padre della patria Nelson Mandela richiama l’African National Congress (Anc), il partito di Zuma e Nelson, ad una forte e chiara presa di responsabilità. Pur accreditato di un quasi 66% non mancano le critiche a Zuma. Le critiche più pungenti contro Jacob Zuma e l'African National Congress (Anc) sono state espresse negli ultimi mesi da comici, (hanno anche loro i loro Beppe Grillo che credete) programmi televisivi, commentatori e disegnatori di quotidiani. E in questi giorni, al Market Theatre di Johannesburg va in scena il “MacBeki”, versione rivista del Macbeth, in cui il Re Duncan è Nelson Mandela, Macbeth è Thabo Mbeki e Macduff è Zuma. Nel MacBeki, il personaggio di Mandela viene ingannato e convinto a lasciare il trono per un iPod magico, approfittando della sua debolezza per le pop star come Celine Dion. Sono in tanti ad aver paura che Zuma possa dare un giro di vite forte alla libertà di stampa e, ipso facto, alla già fragile democrazia sudafricana. Vedremo.
Massimo Bencivenga |