 Ha una storia, Marina Silva, che a raccontarla in un romanzo verrebbe voglia di chiudere il libro per quanto è caricata, per quanto possa risultare inverosimile al lettore. E’ ben azzeccata, nel suo caso, la massima che recita: “La realtà supera l’immaginazione”.
Una Storia che è già scritta, con il lieto fine della vittoria e dell’elezione a Presidente del Brasile, un paese che, sia pure in frenata, ha tutti i requisiti, e le risorse, per giocare un ruolo importante nella geopolitica degli anni a venire. Non a caso il Brasile è il primo Stato dell’acronimo BRICS.
La sua Storia ha connotati magici, avrebbe dovuto salire sull’aereo nella quale ha perso la vita Eduardo Campos, leader dei socialisti brasiliani, che l’aveva scelta come vice. La morte improvvisa del leader l’ha catapultata in prima linea; ma non è una novità: con i verdi, nel 2010, ottenne un discreto consenso, e fu anche per quel consenso che la Rousseff fu costretta al ballottaggio.
Ma le due, la Rousseff e Marina Silva, hanno in comune il Pt, il partito dei lavoratori di Lula; Dilma è rimasta là, Marina è passata ai verdi e ai socialisti, ma la sua immagine non sembra risentirne più di tanto.
E come potrebbe. Lei ha la Storia dalla sua.
Terza di undici figli, cresce malaticcia e senza istruzione a Acre, in qualche palafitta di uno degli Stati più poveri dell’Amazzonia, già di per sé una zona di disperati. Deve contribuire e lo fa sin da bimbetta alzandosi alle tre per lavorare; entra in seminario a sedici anni e per la prima volta impugna una penna. Si avvicina alla Teologia della Liberazione e alla politica, amore sbocciato studiando Storia all’Università. Ovviamente le simpatie sono comuniste e rivoluzionarie, c’è un abboccamento con il movimento di Chico Mendes e dei seringueiros, prima di approdare nell’orbita di Lula.
Nel 2002, con Lula Presidente, diventa ministro all’Ambiente, con Dilma Rousseff all’Energia. Mentre Dilma punta forte, quasi tutto in realtà, sul Petrolio come motore di sviluppo del Brasile, Marina si batte per la deforestazione e per l’Ambiente.
Pur separata, per ben due volte, è appoggiata dai gruppi evangelici, dalla massa rurale e dalla borghesia che non si lascia irretire dagli slogan del Pt.
Lei incarna un sogno. Il sogno brasiliano. Lei è l’Obama del Sudamerica.
Sbaglierò, ma questa campagna elettorale somiglia molto a quella del 2008 in Usa. Con Dilma Rousseff, anche lei con una Storia mica da ridere, nelle parti dell’algida Clinton, a spiegare le difficoltà del governare, a sfiancare con in numeri la platea, e Marina nelle vesti di Obama, a far balenare un sogno di riscatto lungo quasi 200 anni, per quelli che non appartengono all'intellighenzia bianca, e molto più lungo per indios e meticci.
Staremo a vedere.
Massimo Bencivenga |