 E arriva l’ennesimo risarcimento per i Nativi Americani, che conosciamo anche come Indiani d’America o Pellerossa. Dopo che già un giudicè aveva stabilito in 3,4 miliardi di dollari il risarcimento del Governo degli Stati Uniti nei confronti dei Aamsskáápipikani, quelli che noi chiamiamo blackfoot (i Piedi Neri), per via della cattiva gestione delle risorse del territorio della tribù, vale a dire: petrolio, gas naturale, pascoli, fonti d’acqua. Un risarcimento che toccò qualcosa come circa 500mila persone appartenenti a vari popoli della confederazione della Nazione Blackfoot, ma anche ad altre tribù di Nativi.
La causa, portata avanti da Elouise P. Cobell, discendente di un capo Blackfoot, è stata una di quelle epocali.
Ma è notizia ancora più recente che ai Navajos (che chiamavano loro stessi Diné) è stato riconosciuto un risarcimento danni di 554 milioni di dollari. Si tratta del più grosso risarcimento danni accordato a una tribù di Nativi Americani. Risarcimento che cade nell’anno della morte di Chester Nez (nella foto).
Il nome di Chester Nez dirà poco o nulla a tanti, ma diciamo che trattasi dell’ultimo soldato Navajo che durante la seconda Guerra mondiale fu arruolato dall’esercito statunitense come code talker. Nel 1942 i marines reclutarono dei navajos con lo scopo precipuo di utilizzarli per le comunicazioni, essendo la loro lingua e i loro dialetti pressoché impenetrabili a ogni tentativo di decifratura. Furono largamente utilizzati nel Pacifico e furono determinanti nella Guerra contro i giapponesi.
Chester Nez, nato dalle parti di Albuquerque, è morto quest’anno a 93 anni a causa di un’insufficienza renale. Nel 2001, insieme agli ultimi Navajos code talker ancora in vita, fu insignito dal Congresso degli Stati Uniti con la Medaglia d’Oro. Meglio tardi che mai, ma è indicativo che tutto prima per gli Stati Uniti d’America.
I Nativi devono aspettare sempre.
Il risarcimento ricalca grosso modo quello dei Blackfoot di cui sopra. Il Governo Usa s’è impegnato a versare 554 milioni di dollari ai Navajo per chiudere un contenzioso legale che vede imputato il governo federale colpevole di aver male gestito fondi, proprietà e risorse naturali della tribù, per oltre 50 anni.
Nel caso dei Blackfoot gli anni erano oltre 100, cioè a partire, se ben ricordo, da un trattato del 1887. Bene, l’amministrazione Usa è stata condannata in quanto non avrebbe agito nell’interesse dei Navajo, una delle comunità tra le tribù di nativi che vivono tra Arizona, New Mexico e Utah.
Ma non sono gli unici. L’amministrazione di Obama ha riconosciuto un risarcimento di 2,61 miliardi di dollari con 80 tribù sempre per questioni legati alla mala gestione degli asset. I Nativi, stando ai trattati, avrebbero dovuto ricevere equi profitti dalle attività di estrazione e altro che avevano luoghi sui territori e sulle riserve loro assegnate. Tutto ciò non è avvenuto.
“Questa risoluzione storica pone fine a una disputa lunghissima e pesante” ha spiegato il ministro della giustizia Eric Holder, primo afroamericano a diventare Procuratore Generale, “e dimostra il fermo impegno del dipartimento nel voler rafforzare la nostra collaborazione con le realtà tribali”.
Molto soddisfatto Ben Shelly, attuale presidente della Navajo Nation, che, dal quartier generale della Nazione Navajo di Window Rock, in Arizona, ha detto: “Abbiamo lavorato molto per raggiungere questa risoluzione e dopo un lungo processo sono soddisfatto del giusto ricompenso. Il governo federale ha in leasing oltre 5,6 milioni di ettari dei Navajo, dando in cambio quote dei proventi dell’estrazione di carbone e petrolio, della vendita di legname, da coltivazioni, affitto di immobili e altre attività, secondo un sistema con una tradizione del XIX secolo”.
Insomma, sempre meglio di niente, ma a leggere le cifre e a confrontare un genocidio, perché di questo si parla, e a pensare alle tante generazioni Native costrette a vivere in riserve, a lavorare in sale giochi, nei casinò o altro, verrebbe da dire che i risarcimenti sono irrisori. Ma sempre meglio di niente.
Nota di colore: non tutti sanno che i discendenti dei Seminole, una delle tribù più bellicose e che per la loro resistenza rischiarono di essere spazzati via per sempre, attualmente detiene un pacchetto di maggioranza, e di fatto controlla, la catena e il brand Hard Rock Cafe.
Massimo Bencivenga |