 “Non c’è ragione per cui nel 2014 un uomo che ha entusiasticamente sostenuto il genocidio debba essere il simbolo del più grande premio letterario del Fantasy”. Parole e musica di uno scrittore, che invero non conosco, di nome Daniel Josè Older. Ma con chi ce l’ha? Con il Solitario di Providence, ossia Howard Phillips Lovecraft.
Lo scrittore vorrebbe che il premio World Fantasy Award, uno dei più prestigiosi premi letterari del mondo, non consistesse più nel ricevere un busto rappresentante Lovecraft.
Older sembra avere una vera e propria ossessione, visto che ha rincarato la dose asserendo che “dopo decenni e decenni di profondo razzismo latente nella letteratura fantasy è tempo di fare una scelta coraggiosa che implichi il rifiuto dell’esaltazione di un vile razzista”.
Due anni fa il premio è andato a una nigeriana, Nnedi Okorafor. Questa scrittrice non sapeva delle convinzioni politiche e sociali di H.P.L., ma adesso che ne è a conoscenza s’è prima un po’ indignata, ma poi, tutto sommato ha trovato dell’ironia nel fatto che il premio con il busto, raffigurante un uomo che disprezzava africani e indiani, asiatici e slavi, sia andato ad insignire, anni dopo, una donna nigeriana.
Ma com’è stata accolta la cosa?
Per S.T.Joshi, biografo di Lovecraft, ha detto, senza mezze misure che trattasi di una “assurdità pensare che l’innegabile razzismo di Lovecraft in qualche modo possa annullare il suo immenso talento come scrittore e le molte virtù intellettuali, estetiche e umane”.
Già, perché riesce difficile non essere influenzati da Lovecraft se si legge o scrive narrativa afferente al fantastico inteso a tutto tondo.
I critici devono fare il loro lavoro, anche per giustificare lo stipendio, e gli autori emergenti devono essere dissacranti, se vogliono farsi sentire, ma occorre anche ponderare per bene le cose.
Lovecraft era figlio del suo tempo, visse durante un’epopea dei nazionalismi e durante lo slancio coloniale e imperiale, per certi versi era normale, normalissimo che la pensasse in quel modo, che fosse ferocemente contro l’immigrazione di massa che, proprio nei luoghi dove visse, in quegli anni cambiò la società americana.
Se non guardiamo al contesto, molti degli attuali euroscettici, con una Europa fiorente e concorde, tra 50 anni come dovremmo considerarli? Come dei nazisti?
Viceversa, qualora l’Europa tra 50 anni dovesse essere preda di una guerra fredda e di un tutti contro tutti, come dovremmo considerare gli europeisti entusiasti di questi anni? Come i consapevoli cantori di un complotto tecnocratico che ha asfissiato per anni gli europei, riducendo redditi e diritti?
I nostri nonni e bisnonni non vedevano di buon occhio fidanzamenti e matrimoni tra persone di paesi distanti anche solo 10-15 Km. Erano razzisti? No, erano figli dei loro tempi.
Se non consideriamo il contesto geopolitico e sociale, allora riesce sin troppo semplice dire che Verne era un antisemita oppure associare chi legge Tolkien a politiche di destra.
Eppure in Italia l’associazione c’è stata, anche perché i giovani missini organizzarono sul finire dei ’70 I campi Hobbit, con Umberto Croppi, ex assessore alla cultura di Roma, tra gli organizzatori.
Come poteva Tolkien prevedere ciò? Eppure tanto bastò per far balenare, in maniera peraltro falsa, un Tolkien simpatizzante di alcune teorie.
Tu che ne pensi?
Massimo Bencivenga |
