L'arte della Controriforma e il Giudizio Universale di Michelangelo
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L'arte della Controriforma e il Giudizio Universale di Michelangelo

La controriforma e il Concilio di Trento, diedero vita a un nuovo modo di intendere l'arte religiosa

L'arte della Controriforma e il Giudizio Universale di Michelangelo

 

Gli studenti liceali sanno cosa s’intende per Controriforma, o perlomeno dovrebbero. Ad ogni modo, fugacemente, e facendoci aiutare dalla nuova biblioteca alessandrina di Wikipedia, diciamo che per Controriforma s’intende il periodo storico dalla fine del Concilio di Trento (terminato nel 1563) fino al Seicento.
Un arco temporale caratterizzato dalla reazione della Chiesa cattolica nei confronti della Riforma protestante e della sua nuova riorganizzazione interna e attivismo dopo la crisi seguita alla nascita e affermazione del movimento protestante.
Le 95 tesi di Martin Lutero, affisse sulla Chiesa di Wittenberg, oltre a far riflettere molte persone, fece anche da pungolo ad una Chiesa Cattolica corotta, lasciva, rotta a tutto.

Erano anni tumultuosi, pochi decenni prima Cristoforo Colombo tolse centralità all’Europa, e Niccolò Copernico tolse centralità al mondo stesso, confutando anche qualche errata teoria fisica basata su una qualche oscura interpretazione biblica. Insomma, il già millenario potere cattolico venne minato in pochi anni, anche per colpa della loro avidità e indolenza. Era ora di reagire. E la reazione fu il Concilio di Trento. Che mise un po’ fine ad alcuni comportamenti non troppo edificanti per dei religiosi e si diede un deciso giro di vite in merito alla formazione intellettuale degli stessi sacerdoti, che di punto in bianco, si trovarono a dover “rivaleggiare” e a parlare di dottrina religiosa con luterani, calvinisti e altri movimenti nati per protesta e in opposizione ai dogmi di Santa Romana Chiesa Cattolica e Apostolica.

 

All’interno del Concilio di Trento vennero decise anche le nuove linee guida per ciò che concerneva l’arte religiosa.
Tanto per dire, Calvino e Zwingli erano intransigenti verso le immagini. Lutero un po’ più morbido. Fosse stato per Calvino e Zwigli, le chiese nostrane sarebbero prive di immagini e statue. Anche Erasmo da Rotterdam aveva notato, nel suo Elogio della follia (1511) che le immagini sacre alimentavano un rito pagano della venerazione dei Santi. In molte città tedesche, inglesi, francesi, svizzere, si passò ai fatti distruggendo, in una massiccia campagna iconoclasta, tante immagini e statue. Per Lutero, la funzione didattica che la tradizione cattolica ha da sempre attribuito alle immagini è essenziale per la crescita della fede tra gli incolti, insomma, le arti figurative sono o devono essere la Biblia pauperum, la bibbia dei poveri analfabeti, già legittimata da Gregorio Magno nel VI secolo.  

Nondimeno, qualcosa cambiò, a farne le spese furono l’artista e la Chiesa del momento: Michelangelo e la Cappella Sistina. L’opera immortale del grande artista, Il Giudizio Universale, che presentava, nella prima “posa”, centinaia di persone con le pudenda in bella mostra, fu fatta modificare in ossequio ai desiderata di un documento conciliare del 21 gennaio 1564, nel quale si decretava che “le pitture nella cappella apostolica vengano coperte, nelle altre chiese vengano invece distrutte qualora mostrino qualcosa di osceno o di patentemente falso”.

Michelangelo era morto, e toccò a uno dei suoi seguaci, Daniele da Volterra, velare con delle braghe a secco le vergogne dei personaggi del Giudizio e di rifare a fresco la figura scabrosa di San Biagio, accovacciato impudicamente su Santa Caterina d'Alessandria. Da allora in poi Daniele da Volterra fu detto Il braghettatore.
Nella foto possiamo vedere la versione di San Biagio e Santa Caterina d’Alessandria nella versione originale, prima dell’intervento del braghettatore.
Altre linee guida vennero istituite per l’architettura, la letteratura (il manierismo) e la satira.

Massimo Bencivenga 

 

 
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