 E dire che l’Italia, scottata dai fatti di Guglielmo Marconi, che provò più accoglienza all’estero che non da noi, si dotò di una legge apposita, nota come Legge Marconi per avere ed usufruire, all’interno delle riserva selezionata delle forze armate, delle conoscenze e delle intuizioni di professionisti già affermati in ambito civile (medici,architetti,ingegneri,psicologi,giornalisti e così via) che se selezionati diventano direttamente ufficiali, con un grado adeguato all'età.
Insomma, abbiamo anche provato a trattenere in qualche modo le idee da noi. Ma forse non c’è proprio verso.
Le idee vanno dove trovano terreno più fertile ove attecchire.
Enrico Dini.
Ingegnere Enrico Dini, ricordatevi questo nome. Perché magari tra qualche anno il suo nome sarà accanto a ingegneri e tecnologi come Rudolf Kalman e Claude Shannon, Norbert Wiener e Lofti Zadeh, ossia tra quelli che, famosi o meno, ci hanno reso la vita molto, molto più semplice e sicura.
Gli inglesi hanno battezzato Dini The man who prints houses, “l’uomo che stampa le case” e gli hanno dedicato un documentario.
Già, perché Dini ha inventato la D-Shape, una megastampante 6 metri per 6 che trasforma in roccia la sabbia, con l’aggiunta di un liquido aggregante a base di magnesio. Si tratta di una stampante in 3D che anziché inchiostro usa calcestruzzo, polimeri, resine e gesso. Il materiale da fluido diventa solido, per diventare poi mattoni e case.
Case costruite con queste stampanti 3D?
Sembra fantascienza, ma non lo è.
Dini e la sua creatura hanno anche stampato 20 metri cubi di moduli per una barriera corallina nel Golfo Persico. Qualcuno si spinge anche più in là, arrivando a pensare di rendere impermeabili e isolate zone desertiche nelle quali, con l’apporto di acqua e altri nutrimenti, creare micro oasi. Dini si divide tra Londra e Cascine di Buti, collabora con imprese ed enti quali l’Esa e con i grandi studi di architettura.
Siamo sull’orlo di una nuova rivoluzione, in parte paragonabile a quella degli anni immediatamente precedenti alle dotcom, ma anche con una portata maggiore, perché all’epoca andava ad investire i soli programmatori (perlomeno all’inizio), adesso invece la rivoluzione potrebbe essere anche più profonda, con la produzione di massa che ridiventa artigianale, ma nel senso che ognuno potrà costruirsi le proprie cose, i propri utensili. Le proprie case?
In linea di principio, sì. Le stampanti 3D del tipo D-Shape e quelle che verranno, sembrerebbero già adesso in grado di costruire una casa in pochi giorni, a prezzi più contenuti. Cosa significherà questo per l’edilizia e per il comparto? I primi a rimetterci sembrerebbero essere gli operai, ma anche i tecnici saranno presto o tardi costretti a cambiare modus operandi.
Ma se la tecnologia è un aiuto, in Italia c’è un Moloch terribile: la burocrazia.
Già, ad impedire tante cose potrebbe essere proprio la burocrazia, e in qualche caso potrebbe anche essere un bene; con le stampanti si correrebbe il rischio che ognuno faccia il tecnico e l’impresario, bypassando anche il comune. E invece no. Le regole devono esserci, cambiate certo, ma non si può pensare alla corsa alla frontiera.
E tu che ne pensi?
Massimo Bencivenga |
