La velocità della luce e una strana (e costosa) telefonata
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La velocità della luce e una strana (e costosa) telefonata

Mio secondo contributo all'iniziativa Tutori della Scienza.

La velocità della luce e una strana (e costosa) telefonata

Scott Hall: “Sono lo sceriffo, posso parlare con il mio amico H7-25?”
H7-24: “Salve sceriffo, che piacere! Un momento che lo chiamo!”
H7-25: “Sceriffo, come butta lì sulla Terra”
Scott Hall: “Ciao fringuello, solite cose: i militari vogliono sapere che fine hai fatto e Phil dice sempre cazzate alla radio”.

Ecco, questo breve scambio di battute tra Scott Hall (Bud Spencer), il suo amico H7-25 e il di lui papà durerebbe, a partire dalla prima parola di Scott, circa 12,7 anni, ammesso che H7-25 sia in casa e che abiti dalle parti di Proxima Centauri, la stella più vicina al sole, che dista circa 4,23 anni luce.

Ho usato il dialogo tra i protagonisti di due film molti noti per farvi rendere conto di cosa significhi avere contatti extraterrestri. Almeno due anni per ricevere una parola o un segnale.

Perché tanto tempo? Perché Proxima Centauri si trova a una distanza tale che un ipotetico raggio di luce impiegherebbe 4,23 anni per raggiungerla, e perché un’onda elettromagnetica può, al più, viaggiare alla velocità della luce e non oltre. In realtà niente può farlo, perlomeno è ciò che dice il paradigma scientifico attuale, ma ricordatevi sempre cosa Popper riteneva scientifico e cosa no.
Quindi il “Via, più veloce della luce!” di Superman era una boutade? Sì, ma sto divagando.

In questo secondo post per l’iniziativa Tutori della Scienza andrò a parlare della velocità della luce.

Da sempre gli scienziati si son posti la domanda in merito alla velocità della luce, posto che ne avesse una.

Galileo Galilei fece degli esperimenti, usando lo strumento sbagliato, la Terra, e sia pure a malincuore e senza esserne pienamente persuaso scrisse nei suoi libri che doveva essere considerata istantanea, che suonava come a dire infinita.
Ora, gli scienziati, i tecnici e i matematici quando sentono le parole infinito o zero drizzano le orecchie e affilano l’ingegno.

Ma, ancora una volta, fu il caso a metterci lo zampino. Il danese Ole Roemer era un astromono con la passione per Io, una delle lune di Giove. E si accorse, stiamo parlando di fine ‘600, che il moto del satellite intorno al pianeta in certi periodi dell'anno sembrava essere in ritardo, mentre in altri sembrava essere in anticipo.
Roemer riuscì a intuire che quando Giove era più lontano la luce ci metteva più tempo ad arrivare, e viceversa. Calcolando la variazione dell'orbita di Io e la variazione della distanza fra la Terra e il Sole Roemer fu in grado di arrivare a un valore di circa 210000 km al secondo. Il valore attuale è molto lontano da quello calcolato da Roemer ma, tenendo conto delle approssimazioni, va dato merito al danese di aver intuito l’ordine di grandezza.

Il metodo sembrava giusto, e di lì a poco con misurazioni sulle eclissi si arrivò a calcolare la velocità della luce ora stimata in 310.000 Km/s, altre volte in 301.000 Km al secondo. Questi calcoli astronomici, basati su misurazioni iniziali molto labili, non soddisfacevano appieno lo spirito dei fisici che sognano da sempre esperimenti “controllati” e con quante meno interferenze possibili.

E arriviamo agli esperimenti dei due fisici francesi Fizeau e Foucault. Il primo costruì un aggeggio, chiamiamolo così, che permetteva di interrompere, mediante una ruota dentata un fascio di luce in viaggio tra due specchi. Il tal modo, calcolando la velocità della ruota dentata e l’oscuramento del raggio, Fizeau arrivò a calcolare 313.000 Km/s.

Foucault perfezionò l’aggeggio di Fizeau apportando qualche modifica. Come l’uso di uno specchio rotante in grado di calcolare lo spostamento angolare del fascio luminoso. Con questo metodo Foucault calcolò la velocità della luce in 298.000 Km/s, un valore pressoché pari a quello reale. Ma fece anche di più: interponendo sul cammino del fascio una sostanza trasparente come l’acqua, riuscì a calcolare la velocità della luce in mezzi diversi dall’aria. Questa innovazione consentì altresì di verificare l’ipotesi della natura ondulatoria della luce, a scapito dell’ipotesi corpuscolare che era in voga e che era stata introdotta da Newton, al quale, per una volta e in maniera postuma, fu riconosciuto un errore, a differenza della deferenza, vedi querelle con Leibnitz e Keplero, che gli concedevano in vita. Ma, ancora una volta, sto divagando.

L’attuale misura della velocità della luce è 299,792458 Km/s, ma in molti calcoli la si approssima, in prima battuta, a 300000 Km/s.

La misura di Foucault, ottenuta con mezzi artigianali rappresenta, una volta di più, la prova che l’ingegno umano, lascito libero di agire, può buttare il cuore oltre gli strumenti e i tempi elaborando teorie e risposte sorprendenti.

E il bello della Scienza è anche questo.

Adesso capite perché la Terra non era un buon terreno per l’esperimento di Galileo Galilei, vero?

Sì, tutto molto bello, direte, almeno spero, ma perché la velocità della luce è una costante (indicata con c) che non può essere superata?
In realtà potrebbe anche essere superata, la Scienza si nutre di nuove scoperte e inglobamenti delle vecchie in nuove e più ampie teorie, ma ciò significherebbe buttare a mare la Relatività Ristretta.

In sé ciò non sarebbe un male, ci sarebbe invero anche un risvolto molto giocoso: un eventuale superamento del valore di c potrebbe rendere reali tunnel temporali.

 

Massimo Bencivenga 

 
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