Brasile 2014. C'è già stato un Italia-Costa Rica, alle Olimpiadi di Los Angeles e...
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Brasile 2014. C'è già stato un Italia-Costa Rica, alle Olimpiadi di Los Angeles e...

E il precedente non è proprio augurante per l'Italia, che incorse in una nuova, vergognosa Corea

Brasile 2014. C'è già stato un Italia-Costa Rica, alle Olimpiadi di Los Angeles e...

In ambito militare si usa parlare di Caporetto o di Lissa per indicare un rovescio pesante, vuoi per inferiorità numerica vuoi per scarsa capacità tattica o strategica; anche la nazionale italiana di calcio ha disonorevoli battaglie. Famigerata è la sconfitta per 1-0 patita in Inghilterra per opera dei “ridolini” della Corea del Nord del falso (sì, falso!) dentista Pak Doo-Ik; meno pubblicizzata, ma forse ancora peggiore fu il 4-0 subito a Seoul 1988 per mano della Zambia di Kalusha Bwaila. Mentre un discorso a parte meriterebbe la sconfitta contro la Corea del Sud patita nel 2002. Prima o poi farò un post sulla vera professione di Pak Doo-Ik, dal momento che i giornalisti dell’epoca lo tratteggiarono come un dentista solo per screditare ancora di più la spedizione azzurra. Cosa che riuscì benissimo perché Edmondo Fabbri soffrì moltissimo gli attacchi della stampa.

Tra qualche mese cominceranno i mondiali brasiliani del 2014 e l’Italia si ritroverà ad affrontare anche la nazionale di calcio del Costa Rica, una bella terra, con una popolazione giovane e felice. Sì, felice. Per gli strani incroci del destino, mentre pensavo a questo post mi è capitato per le mani un numero de L’Espresso nel quale si può leggere che il paese dell’America Centrale risulta essere al primo posto nel’Happy Planet Index, l’indice che misura il grado di felicità messo a punto dalla New Economics Foundation di Londra, imperniato essenzialmente su tre parametri: benessere, aspettativa di vita e impronta ecologica.

Un posto in cui scappare, insomma. Ma lasciamo le bellezze naturali del Costa Rica per ritornare a parlare di calcio. Perché ritornando a parlare di sconfitte clamorose, un’altra Corea (termine con il quale si indica dal ’66 in poi ogni disfatta indecorosa degli azzurri di calcio) fu vissuta alle Olimpiadi di Los Angeles 1984. Olimpiadi monche per via della rinuncia di gran parte dei paesi d’oltrecortina e comunisti, ma l’Italia del calcio c’era, dopotutto eravamo Campioni del Mondo in carica. Andammo in California con una nazionale, detta olimpica, creata per l’occasione: la nazionale italiana olimpica di calcio.  

Le notizie su Wikipedia in merito a questa nazionale sono scarne e, a parer mio, lacunose se non imprecise del tutto. Vero è che l’olimpica nacque e si innestò sulla già nazionale B e già nazionale under 23, ma non era affatto una nazionale under 23, come riporta Wikipedia, quella che partecipò alle Olimpiadi di Los Angeles e di Seoul. Avevano diritto a giocare nella nazionale olimpica di calcio atleti che non avevano disputato un certo numero di partite con la nazionale A. Per dire, nel 1984 c’erano a Los Angeles a difendere i colori azzurri gli “spagnoli” Campioni del Mondo Franco Baresi, Daniele Massaro e Pietro Vierchowod.

L’Italia tornò a giocare un torneo olimpico dopo ben 24 anni, dopo la bella spedizione di Roma 1960, quando giocavano Trapattoni e Rivera.
Commissari tecnici nel 1984 erano Enzo Bearzot e Cesare Maldini, che convocarono i seguenti calciatori:
Franco Tancredi e Walter Zenga
Filippo Galli, Riccardo Ferri, Sebino Nela, Roberto Tricella, Pietro Vierchowod
Salvatore Bagni, Franco Baresi, Sergio Battistini, Pierino Fanna Antonio Sabato e Beniamino Vignola
Massimo Briaschi, Maurizio Iorio, Daniele Massaro e Aldo Serena  
Più Roberto Mancini, che forse fu il 18esimo, ma di cui non si trova traccia. S’infortunò? Se qualcuno lo sa può farmelo sapere?

Gli azzurri furono sorteggiati in un girone comprendente anche l’Egitto, gli Stati Uniti e la nazionale del Costa Rica. La prima partita fu vinta per 1-0 sull’Egitto per effetto della marcatura di Aldo Serena, poi un altro 1-0, rete di Pierino Fanna, ci consentì di liquidare anche gli Stati Uniti padroni di casa. La vittoria con l’Egitto finì in rissa: un egiziano colpì Serena e Nela si fece giustizia da solo, beccandosi però tre giornate di squalifica.

E poi arrivò il patatrac, la squadra di Bearzot e Maldini perse sciaguratamente contro il Costarica per 1-0.
Il Costarica schierò: Marcos Rojas, César Hines, Minor Alpízar, Carlos Toppings, Miguel Simpson, Germán Chavarría, Enrique Rivers, Luis Galagarza, Marvin Obando, Evaristo Coronado, Guillermo Guardia                

L’Italia rispose con: Walter Zenga, Riccardo Ferri, Filippo Galli, Roberto Tricella, Pietro Vierchowod, Franco Baresi, Sergio Battistini, Antonio Sabato, Daniele Massaro, Massimo Briaschi, Maurizio Iorio

A segnare fu Henrique Rivers, il novello Pak Doo-Ik.

La sconfitta ovviamente non ci precluse il passaggio del turno, e ai quarti incontrammo il Cile. I nostri giocatori erano ancora scossi, alcune sconfitte sanno lasciare dei segni molto profondi, e riuscimmo ad aver ragione degli andini solo ai supplementari e grazie a un rigore calciato da Beniamino Vignola, riserva di lusso di Platini alla Juventus, uno che lasciò il segno, sempre nel 1984, nella finale di Coppa delle Coppe vinta dalla Juventus sul Porto.

In semifinale incontrammo il Brasile, e di nuovo andammo ai supplemtari dopo che Pierino Fanna aveva impattato il vantaggio iniziale, gol di Gilmar Carioca, dei Sudamericani. Nel primo minuto supplementare una indecisione del nostro portiere Tancredi ci fu fatale.

La finalina ce la giocammo con la Jugoslavia, che non aveva aderito al boicottaggio pur essendo in orbita sovietica. L’inizio fu promettente, Vignola ci portò in vantaggio, ma fummo ripèresi e poi superati dai gol di Baljic e Deveric.

Dopo la partita con il Costa Rica, lo staff italiano, sulla falsariga di ciò che era accaduto nel 1982, scelse il silenzio stampa, ma le cose andarono in maniera ben diversa.

Peccato, perché avevamo belle speranze, il risultato non fu poi così negativo, ma le prestazioni furono perlopiù sottotono e ben al di sotto di ciò che erano le nostre potenzialità.

La commissione tecnica, pur ritenendosi soddisfatta della spedizione, si lamentò per la rosa un po’ troppo stretta, sulla qualità della stessa e sui tempi di preparazione, nonché sul luogo del ritiro, Stanford, definito un po’ troppo spartano.
Ai tempi non c’era il web, ma dove risiedevano gli azzurri mancavano anche telefoni e televisioni.

Era davvero un altro tempo rispetto ad oggi quando i calciatori, con pochi tweet, ci tengono aggiornati sulle loro attività. 

 

Massimo Bencivenga  

 
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