Se il Brent in calo diventa un pericolo per il Mondo
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Se il Brent in calo diventa un pericolo per il Mondo

Petrolio contro gas, Stati Uniti (e Ue) contro la Russia, con Cina ad approfittarne e Iran a subire più di tutti. Ci sono o no gli ingredienti per una Nuova Guerra? La Guerra dell'Energia

Se il Brent in calo diventa un pericolo per il Mondo

Le elezioni di Midterm negli Usa hanno confermato, una volta di più, che l’uomo più potente del mondo, allo stato attuale, è Vladimir Putin che, per quanto lo cosa possa far storcere più d’un muso, è più amato oggi di quanto non lo fosse nel 2012.
Continuerà ad esserlo?

Ha fatto cambiare la regola, portando la presidenza da 5 a 6 anni, e se tutto va bene si può ipotizzare un suo regno sino al 2024, che lo renderebbe l’uomo più potente di Russia per 25 anni.

Ma già da qui a 10 anni è difficile fare qualche previsione. 10 anni in politica sono un’Era Geologica, se lo mettano in testa anche in nostri, di politici.
E’ notizia di queste ore un crollo del Rublo, che potrebbe indurre qualche decisione impopolare.

Da qualche giorno il Brent è in caduta libera, in soli quattro mesi il prezzo di un barile di Brent è passato da 115 dollari a Giugno agli attuali 85, con ipotesi ancora al ribasso.

Come dite? Allora perché la benzina non è parimenti calata? Non fatevi queste domande perniciose, i governanti sanno quel che fanno e non bisogna mai disturbare i manovratori.

Il prezzo del Brent è in calo non già per favorire me o gli altri consumatori, bensì per cercare di mettere in ginocchio e di ridurre a più miti consigli mister Putin.

Perché?

Perché alla Russia serve il prezzo del Brent intorno ai 100 dollari, al di sotto dei 100 dollari la Russia andrà in crisi e per garantire lo stesso tenore di vita, evitando di alzare l’età pensionabile e di attuare dei tagli, dovrà, perlomeno all’inizio, ricorrere a un tesoretto accumulato che per alcuni vale 170 miliardi dollari.

Ma per gli stessi analisti, un barile di Brent a 85 dollari costerebbe alla Russia 50 miliardi in un anno. Insomma, la Russia resisterebbe per tre anni, ma forse anche meno, considerando che le sanzioni sui prodotti alimentari europei hanno fatto, complice la svalutazione del rublo, aumentare il costo della vita.

E considerando che la Banca Centrale con la Nabiullina ha alzato il costo del denaro per evitare l’inflazione, frenando però un po’ la crescita e gli investimenti. E il prezzo del gas è agganciato, in Russia, per contratto a quello del petrolio.

Se a questo aggiungiamo che la Russia potrebbe ricevere una sanzione alle banche, se le stesse, al pari di quelle iraniane venissero estromesse dallo Swift Settlement System, il sistema usato per scambiare denaro, e prestiti e rischi, tra loro.

Ed ecco perché la Russia guarda ad Est, alla Cina e alla altre banche mondiali che stanno nascendo, ma che, nondimeno, possono erogare di meno e a prezzi più alti.

La Cina ha bisogno di Petrolio e Gas per far funzionare la Fabbrica del Mondo; Cina che è, a un tempo, il maggior creditore e il maggior debitore degli Usa.

Insomma, se la Russia ha l’arma del gas puntata verso l’Europa, gli Usa (e l’Europa tramite gli yankee) possono usare il petrolio per metterla in ginocchio, un po’ come fecero con gli armamenti durante la Guerra Fredda.

Gli Usa, dal canto loro, possono sopportare il Brent a 60 dollari per via dell’alta redditività che sono riusciti a ottenere dallo Shale Oil, l’oro nero intrappolato nell’argilla, che è alla base del nuovo slancio industriale americano.

Il punto è che la Russia ha le maggiori riserve mondiali di Shale Oil, ma non hanno la tecnologia per estrarlo e lavorarlo.

Lo sfruttamento del giacimento più grande, chiamato Bazhenov, doveva avvenire con una joint venture tra Exxon e Rosneft, ma le pressioni Usa hanno messo un alt alla multinazionale a stelle e strisce.

Non solo, ma Vagit Alekperov, amministratore delegato di Lukoil, ci va ben più duro sostenendo che un quarto della produzione di petrolio russo si basa su tecnologia occidentale, e che è stato un grosso errore non aver investito in tecnologia propria, al fine di affrancarsi non solo energeticamente ma anche tecnologicamente dall’occidente.

Insomma, si profila un mexican standoff tra gas e petrolio, Russia versus Usa-Ue.

Ma se il Brent basso danneggia la Russia, esso rappresenta, con questi prezzi qualcosa di assolutamente insostenibile per Iran e Arabia, più per l’Iran in realtà, che soffre già con il Brent a 130 e che finanzia con l’oro nero gran parte delle iniziative sociali; una situazione che, stante anche la minaccia strisciante dell'Isis, può diventare esplosiva.  

Ecco, il Brent basso mette in crisi la Russia, in ginocchio l’Iran, e ciò può provocare tensioni che possono sfociare in qualcosa di molto brutto
E neanche un centesimo in meno sul costo della benzina per noi, ma, del resto, stiamo diventando stoici e maestri nel subire.

 

Massimo Bencivenga 

 
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