 In primis chiariamo ben bene una cosa. Da che mondo è mondo le guerre non le vogliono i militari ma i politici. E’sempre stato così e sempre così sarà. Nessun politico resiste alla tentazione di fregiarsi di una qualche vittoria o di un qualche significativo risultato in politica estera, anzi non di rado le guerre sono servite all’uopo per distogliere l’attenzione da una scellerata politica interna. Nel caso di Bush Junior è lampante, ma anche Bill Clinton organizzò un raid in Iraq ai tempi del suo impeachment con Monica Lewinsky.
E dire che, perlomeno in politica interna, la presidenza Clinton fu ampiamente soddisfacente. Spiace vedere mamme piangere un figlio o un pastore riprendersi indietro un figlio morto in un paese lontano, per certi versi alieno ed estraneo, ma la guerra ha come effetto collaterale che ogni tanto qualcuno muoia. Quel pastore desiderava solo un futuro diverso per il figlio. C’è poi, ovviamente, il cordoglio istituzionale. Lungi da me fare commenti sulla sincerità dei sentimenti, nessuno è in grado di scrutare nelle coscienze altrui, ma una qualche “razionale” considerazione la si può fare. E’, perlomeno, dal mese di Giugno che i generali italiani vanno chiedendo al ministro La Russa mezzi più adeguati, mezzi in grado di proteggerli meglio. Se ne parlò già negli istanti successivi alla morte del caporale Alessandro Di Liso. In quella occasione a porre l’accento sull’inadeguatezza del nostro contingente fu quasi tutto lo Stato Maggiore dell’esercito che paventava, a ragione, un’escalation in vista anche delle elezioni di agosto. Il generale Fabio Mini aveva, a fine Luglio, avvertito sulle possibile conseguenze derivanti dal mutato atteggiamento delle nostre truppe, atteggiamento ben visto dai vertici Nato e statunitensi ma che, di converso, ci esponevano maggiormente. E senza adeguata copertura in termini di mezzi e, forse, anche di intelligence. Fatto sta che in poco più di 2 mesi abbiamo perso 7 ragazzi.
I governi usano i termine “sacrificio” ed “eroi” quando vogliono blandire e mascherare, ma la mascherata un giorno finirà e nessuno potrà più nascondersi dietro un dito. Anche il generale Franco Angioni, ex capo della Missione Nato in Libano, e da allora viene considerato quasi un eroe nazionale ed un guru della tattica militare, ripete oggi quello che da mesi esperti militari e osservatori internazionali sussurravano a microfoni spenti. Dopo gli attacchi costati la vita negli ultimi mesi a decine di militari del contingente internazionale dislocati nelle zone più a rischio dell'Afghanistan, era evidente che anche il contingente italiano sarebbe stato oggetto di una qualche “rappresaglia”. Fra qualche anno qualche militare inizierà a parlare ed allora ne sentiremo delle belle sulle nostre strategie, sul coordinamento e sugli armamenti. In tutta questa che può sembrare, ma non lo è, un’invettiva ferocemi sento di escludere proprio quelli che, per certi versi, eroi lo sono davvero: i soldati. Caro ministro La Russa, è stato fatto il possibile per garantire ai nostri soldati la migliore assistenza in termini di mezzi, armamenti ed intelligence? Nel caso di risposta negativa, come si pensa di ovviare alla carenza? Le mutate regole di Ingaggio sono stato oggetto di un dibattito parlamentare? Nel caso di risposta negativa, perché non è stato fatto?
Ovviamente, more solito, i portavoci e gli alti ufficiali, in questo momento più che mai, negheranno ogni possibile negligenza tattica e logistica, ma questa fiction non fermerà la prossima pallottola.
Massimo Bencivenga
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