Antonio Federico, l'uomo che ha messo d'accordo D'Alema e Franceschini
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Antonio Federico, l'uomo che ha messo d'accordo D'Alema e Franceschini

Antonio Federico è riuscito nell'impresa di mettere insieme Franceschini e D'Alema, ma dovrebbero pensare meglio a come intercettare gli scontenti che a loro preferiscono i grillini. O almeno così credono..

Antonio Federico, l'uomo che ha messo d'accordo D'Alema e Franceschini

 

Un noto settimanale, L’Espresso, qualche giorno esordiva con Antonio Federico, ingegnere di Campobasso, ex operatore socioassistenziale in una casa famiglia, chitarrista in una blues band, è iscritto ai Meet Up di Beppe Grillo dal 26 aprile 2008. A questo sconosciuto trentenne, la settimana scorsa, è riuscito un miracolo: mettere d'accordo per un giorno Massimo D'Alema e Dario Franceschini

Trattasi del nuovo candidato premier del centrosinistra? Il tanto atteso nuovo Romano Prodi capace di fare da collante e mastice per le diverse anime che convivono, non tanto pacificamente, nel PD? Macchè, niente di tutto ciò, i due, intendo D’Alema e Franceschini, sono concordi su Federico nell'attribuirgli la responsabilità di aver "fatto vincere la destra" alle regionali del Molise.

Già, perché Antonio Federico, leader e candidato alla Regione Molise per il Movimento 5 Stelle (M5S) ha preso intorno ai 10mila voti, pari al 5,6%. Dal momento che il centrosinistra è stata battuto di poco, per 1500 voti, ecco che i due hanno puntato il dito verso il giovane professionista. 

 

 

 

Per la verità, mentre scrivo, è in corso un riconteggio dei voti che potrebbe riservare qualche sorpresina, ma, allo stato attuale, il Governatore del Molise, per la Terza volta, risulta essere Angelo Michele Iorio.

Quello che i due potentati sopra non dicono, o non vogliono dire è che questo Carneade, questo Federico, avrà pur tolto loro qualcosa (ammesso e non concesso che le persone che hanno votato Federico avrebbero poi votato ugualmente M5S se i grillini fossero stati in coalizione con il PD), ma non così tanto da giustificare un misero 9,86% di gradimento per il PD, meno della metà rispetto alla somma di Ds e Margherita cinque anni or sono.

E’ un po’ un nascondersi dietro un dito. Un non voler capire che il PD per fare un vero salto di qualità deve aprirsi ai giovani in modo democratico, come si fa nei partiti, e non ostaggiare ogni qualsivoglia 30-40enne che salta su e dice: “Così non andiamo da nessuna parte!”. Il mal di pancia di Renzi lo dimostra, come lo dimostra anche uno dei Padri Nobili (a proposito dov’è finito Salvati?), quell’Arturo Parisi che sta recintando, come suo solito, la parte della Cassandra. Solo che Cassandra aveva ragione.

Più vero e stranamente contenuto il pensiero in merito di Antonio Di Pietro che, giocando in casa, ha ottenuto un solo punto percentuale in meno rispetto al PD. Di Pietro ha detto: “Non condivido chi getta su Grillo e i grillini la responsabilità delle sconfitte del centrosinistra. I partiti tradizionali, piuttosto, farebbero meglio a capire come convincere i propri elettori delusi”.
Il PD non ha un leader pronto e riconosciuto in caso di elezioni. Non ha una strategia, ammicca a volte al centro altre volte più a sinistra.

E rischia di non riuscire a dialogare o ad intercettare gli umori di persone che votano M5S. ma chi sono, qual è lo zoccolo duro dei vonati M5S? Uno studio Swg approfondisce un po’ la composizione di questo elettorato: più forte al Nord e nei comuni medio-grandi; proveniente perlopiù dalle aree del lavoro autonomo e del precariato, degli operai e degli studenti; che si autocolloca in maggioranza “a sinistra e centrosinistra”, ma con “tendenze precedenti al non voto”. Le aree di debolezza del M5S sono invece, sempre secondo Swg, il Sud e le isole, i comuni piccoli e l’elettorato cattolico.

Lo stesso sondaggio dà in ascesa il partito o movimento che dir si voglia, per loro l’exploit molisano non è isolato. L’istituti triestino valuta infatti M5S intorno al 5,5%. Su scala nazionale.
Quasi il doppio rispetto al 2,9 che, sempre per Swg, valeva nell'aprile 2009. I ricercatori hanno detto che “il potenziale politico attuale è destinato sicuramente a consolidarsi”. E tutti, destra e sinistra, dovranno, volente o nolente, dover fare i conti con quel 5%, una fetta che basta a fare un premier o un altro.

Massimo Bencivenga 

 

 
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