Argentina 1978. Le diottrie di Zoff, le pressioni di Videla e Kissinger e la vergognosa...
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Argentina 1978. Le diottrie di Zoff, le pressioni di Videla e Kissinger e la vergognosa...

E la vergognosa Marmelada Peruana. Italia-Brasile fu la finalina per via di episodi calcistici e non, altrimenti

Argentina 1978. Le diottrie di Zoff, le pressioni di Videla e Kissinger e la vergognosa...

Spagna 1982.
Oscar colpì di testa un pallone insidioso che Zoff inchiodò a terra da par suo.
E’ l’istantanea della parata più importante di Spagna 1982. 
E chissà, se per qualche istante, Zoff non pensò a quanti lo davano per finito dopo i fatti del 1978, quando addirittura cominciarono a girare voci su presunti problemi di vista.
E invece, in barba ai gufi (parola che adesso va di moda), nel 1982, nella splendida cornice del Bernabeu e davanti al tifosissimo Pertini (chi non ricorda il suo “non ci prendono più” al gol di Tardelli?), il portierone azzurro sollevò al cielo la Coppa del Mondo.
Ma cosa successe quattro anni prima?

Argentina 1978.
Con l’incornata, a tempo scaduto, di Bettega, respinta dal legno, si concluse il Mondiale dei rimpianti, quello del 1978, laddove la più bella nazionale del dopoguerra, secondo non pochi critici, si dovette accontentare del quarto posto.
Il palo di Bettega grida ancora vendetta, ma l’Italia in quel mondiale di legni ne colpì ben sette, tre dei quali solo nella finalina con i carioca, termine improprio ma fatemelo passare.

Gli azzurri tornarono in Italia con la soddisfazione di aver battuto i campioni argentini con il famoso gol di Bettega, e con i rimpianti di non aver potuto disputare la finale per via di alcuni gol presi da distanza siderale, perlomeno per i tempi.
I gol che appunto fecero circolare i dubbi sull’integrità diottrica del Dino nazionale.

L’Italia di Bearzot, che nella prima partita mundial con la Francia ebbe l’ardire di far esordire Antonio Cabrini, andò sotto al primo minuto contro la Francia; ma Rossi, il futuro Pablito, e Zaccarelli ribaltarono il risultato.
Con un bel 3-1 stendemmo l’Ungheria.

Nella terza partita ci aspettavano i padroni di casa. Bearzot, con gli azzurri già qualificati, scelse di giocarsi la partita.
E fece bene, perché ne venne fuori una partita storica, decisa dallo scambio stretto Bettega-Rossi-Bettega con gol del canuto juventino.
Da quel momento, i rapporti dell’Italia con i padroni di casa s’incrinarono. Se a Cile 1962 furono i giornalisti a metterci in cattiva luce, adesso fu una vittoria. Ma non è poi questo il calcio?
Italia prima nel girone e Argentina seconda.
Bene, la seconda fase era cervellotica, mutuata pari pari dai precedenti mondiali teutonici, e prevedeva due gironi da quattro, le prime avrebbero disputato la finale, le seconde la finalina.

Niente semifinali per farla breve. Ai tempi usava così.

L’Italia fu sorteggiata insieme a Germania Ovest, Olanda e Austria; da notare che la Germania Ovest e l’Olanda erano le finaliste di Germania 1974.

I tedeschi non erano quelli di anni prima, scontavano il ricambio generazionale. Quella Germania Ovest era ben diversa da quella dei Maier, dei Beckenbauer, dei Gerd Muller, dei Netzer e così via. E infatti si chiusero a riccio e l’Italia, complice i pali, non riuscì a schiodare lo 0-0. Nella seconda partita, una carambola in area arrise a Rossi per l’1-0 conclusivo. In quell’Austria giocavano Schachner e Prohaska.

La terza partita ci vide opposti ai tulipani. Anche loro avevano una caratura tecnica ben diversa dall’Arancia Meccanica che aveva incantato il mondo quattro anni prima. Cruijff, ritenendo la nazionale molto scarsa, rinunciò alla convocazione (e alla decisione contribuì la sua scarsa forma). Certo non era irresistibile quell’Olanda, ma poteva pur sempre annoverare Krol, Neeskens, Rensenbrinck, Rep e i gemelli Van de Kerkhof.

La partita con gli olandesi si mise subito bene, la nazionale si portò in vantaggio per effetto di un’autorete di Brandts; lo stesso Brandts impattò la partita. Poi avvenne l’incredibile: il centrocampista Arie Hann, un altro reduce di Germania 1974, scagliò una staffilata da 35 metri che sorprese Zoff.

E fu così che l’Olanda fece prima nel girone arrivando davanti all’Italia, spedendo gli azzurri alla finalina.

La finalina.
Italia-Brasile non è mai una partita come le altre. Lippi la definì il “Derby del Mondo”, e riesce difficile non pensare allo stacco imperioso di Pelè nel ’70 o alla leggenda dell’elastico rotto di Meazza a Marsiglia nel ’38.

In realtà, se l’Italia aveva da recriminare per come andarono le cose, allora il Brasile avrebbe dovuto solo sacramentare per la partita passata vergognosamente alla Storia del Calcio come la Marmelada Peruana.
Una cosa vergognosa.

Argentina e Brasile erano a pari punti nel girone e gli argentini per qualificarsi avrebbero dovuto vincere 5-0 con il Perù.

Scesero in campo i politici.

Letteralmente.

Prima dell’inizio della gara, negli spogliatoi, i peruviani ricevettero la visita del generale Videla e di Henry Kissinger. Sì, Videla, quello che liquidava gli oppositori lanciandoli nell’oceano dagli aerei. Quello degli interrogatori nella tristemente famosa ESMA (Escuela de Mecánica de la Armada), oggi Museo della Memoria.
Il Perù avrebbe invece ricevuto dal governo argentino una colossale fornitura di grano, e un fondo di 50 milioni di dollari.
La partita della vergogna della Marmelada Peruana terminò 6-0. E la voglio chiudere qui, perché ce ne sarebbe eccome da dire su quella partita.

Il Brasile per effetto di quel biscotto si trovò estromesso dalla finale.

Un Brasile non irresistibile neanche questo, e che via facendo aveva trovato la quadratura, rinunciando a Zico per far posto al più solido Dirceu. Al centro dell’attacco c’era il mitico Roberto Dinamite.

Una spumeggiante Italia si portò sull’1-0 per via del gol di testa di Causio su cross di Rossi. Causio centrò anche una traversa e Rossi un palo.
Tutto ciò nel primo tempo.

Nella ripresa entrò a centrocampo tra i brasiliani il grande (e vecchio) Rivelino, che cominciò a dispensare gioco. Ma tutto ciò non sarebbe bastato se Nelinho non avesse tirato dal cilindro un tiro dal giro impossibile. Gli azzurri accusarono il colpo e Dirceu, sugli sviluppi di una respinta, di sinistro, e da fuori area, centrò l’angolino alla destra di Zoff.

Infine, come detto, Bettega, mentre già scorrevano i titoli di testa, centrò il terzo legno della partita.
Peccato, perché quella Italia giocò meglio di tutte e avrebbe meritato ben altro piazzamento.

Un italiano in finale ci andò: l’arbitro Gonella, ma voglio tacere sulla sua direzione.  

Ecco il tabellino della partita
24.06.78  (15.00) Buenos Aires, Estadio Monumental

Brasile-Italia 2-1

Reti: Causio (38), Nelinho (64), Dirceu (72)

Brasile: Leao (c), Nelinho, Oscar, Amaral, Rodriguez Neto, Cerezo (64 Rivelino), Batista, Dirceu, Gil (46 Reinaldo), Roberto, Mendonca

Italia: Zoff (c), Cuccureddu, Gentile, Scirea, Cabrini, P. Sala, Antognoni (79 C. Sala), Maldera, Causio, Rossi, Bettega

Arbitro: Klein (Israele)

 

Massimo Bencivenga 

 
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