Libri digitali o classici? La parola al TAR
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Libri digitali o classici? La parola al TAR

A che punto è la digitalizzazione nelle scuole? All’anno zero, più o meno

Libri digitali o classici? La parola al TAR

Un altro anno scolastico è andato via, c’è ancora qualche coda legata alla maturità, ma una polemica ci accompagnerà lungo tutta l’estate. E forse anche oltre.
L’ex ministro Francesco Profumo, ex Rector ed ex Presidente del CNR aveva lasciato il ministero con un decreto che stabiliva l’introduzione obbligatoria dei testi digitali per l’anno scolastico 2014/2015. Il punto è che detta introduzione rischia di slittare ancora perché l’Associazione Italiana Editori (AIE) ha presentato un formale ricorso al TAR contro il provvedimento dell’ex ministro dell’Istruzione.

Cosa prevedeva detto decreto? Per la verità era un po’ fumoso in alcune parti, ma, principalmente mirava a introdurre l’obbligo per i collegi dei docenti di adottare a partire dal già citato anno scolastico 2014/2015 esclusivamente testi digitali o misti, cioè distribuiti in parte sulla carta e in parte sulla rete. Va detto che qualcosa del genere era già stato previsto, e inatteso, quando al ministero sedeva la Gelmini. Il decreto legge del 2008 indicava come possibile “fine” dei libri solo cartacei per l’anno scolastico 2011/2012.

Le fumosità del decreto non è poca, perché non è affatto chiara cosa si possa intendere per “natura” dei libri digitali. Qualcuno potrebbe pensare alla versione pdf (epub o mobi) dei normali libri di carta, qualcun altro potrebbe interpretare la norma come  contenuti multimediali integrativi, che possano completare senza sostituire i testi tradizionali. Non è ben chiara la proporzione poi tra contenuti “classici” e contenuti digitali.

Altro punto controverso è il tetto di spesa, meglio ancora: la riduzione dello stesso, cioè della cifra massima che una famiglia dovrebbe affrontare per l’acquisto di tutti i libri adottati da un collegio dei docenti. Nel caso in cui tutti i testi siano in forma digitale, la spesa dovrà ridursi del 30%, mentre un taglio del 20% è previsto negli altri casi.

Gli editori lamentano che la riduzione dei prezzi stabilita dal ministero non si baserebbe su una stima reale dei costi di produzione, nel comunicato gli editori rimarcano che “l’ex ministro si è basato sul falso presupposto che il passaggio al digitale comportasse un abbattimento dei costi di produzione, indimostrato peraltro.” Gli editori sostengono che la produzione di contenuti multimediali richiederebbe, innegabilmente, investimenti non indifferenti di soldi e professionalità. Il passaggio al digitale non può significare né concludersi, sic et simpliciter, con il travasamento della carta su rete: servono video fatti da chi sa fare video, audio fatti da chi sa fare audio, animazioni, esercizi e giochi interattivi.

Il timore, affermano gli editori, è che il legislatore abbia deciso il taglio della spesa non considerando nella giusta misura il reale costo di queste professionalità. Altra nota dolente è l’IVA. Un libro cartaceo usufruisce di un’IVA agevolata del 4%, per gli ebook la cosa cambia; a questi “prodotti” si applica la normale tassazione al 21%. Va detto che anche su questa questione ci sarebbero non poche controversie.

Non molto tempo fa la Francia e il Lussemburgo chiesero aiuto e sostegno all’Italia contro l’UE, rea di imporre loro di aumentare l’IVA applicata sugli e-book in quei paesi, rispettivamente al 7% e al 3%, almeno al 15%. Inutile dire che l’Italia si tirò indietro; è da un po’ di tempo che accettiamo un po’ troppo supinamente i diktat europei, non trovate?

Gli editori lamentano di non essere pronti, ma se si parla di digitale nelle scuole almenop dal 2008, converrete con me che di certo non trattasi di una mossa a sorpresa. Gli editori solerti avrebbero di certo avuto il tempo per convertire gradualmente la propria produzione in questo senso. Non è che forse son rimasti indietro per altri motivi? Temendo magari ulteriori cambiamenti legislativi o sperando in un nuovo rinvio?

Gli interessi in gioco sono molteplici e non si sta parlando di bruscoline. Il mercato editoriale italiano è in crisi costante negli ultimi anni, con una caduta del giro di affari intorno all’8% e che vede nella scolastica una ancora di salvataggio, a patto che tutto rimanga grosso modo com’è. Per un altro verso ci sono le legittime ambizioni delle famiglie a risparmiare, grazie ai nuovi medium, qualche euro sulle già alte spese per i libri scolastici. Quelli che non dovrebbero avere probelemi sono gli studenti, più esperti e smart nell’uso delle tecnologie di tanti loro prof.

A farne le spese più di tutti, più ancora degli editori, potrebbero essere i lavoratori precari, gli invisibile tanto importanti però che ruotano e gravitano intorno all’editoria scolastica e non.

Ma, ancora una volta, possibile che in questo paese s’incontrino simili resistenze ad ogni qualsivoglia tentativo di modificare sia pure di poco uno status quo che quando va bene è lo stesso da venti anni?

Poi non ci dobbiamo meravigliare se gli altri avanzano e noi restiamo al palo.

 

 

Massimo Bencivenga  

 
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