La dinastia Gandhi, Narendra Modi e il Grillo d’india alle prossime elezioni in India
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La dinastia Gandhi, Narendra Modi e il Grillo d’india alle prossime elezioni in India

Le elezioni in India sono appena cominciate. Per i risultati se ne parlerà a Maggio, ma il figlio di Sonia Gandhi è dato in svantaggio

La dinastia Gandhi, Narendra Modi e il Grillo d’india alle prossime elezioni in India

La più grande democrazia andrà quest’anno al voto.
Di chi sto parlando?
Delle ormai prossime elezioni in India. La più grande democrazia, per via dei numeri, che sono impressionanti, non per altri motivi.

Perché vi sembra democratica una nazione, o meglio un sub continente, ove vige e impera ancora, nel 2014, un sistema fondato sulle caste?

Dove ci sono ancora i paria, gli intoccabili?

E vi sembra democratico un paese dove si vota per più di un mese? Anche se, a pensarci bene, qualcosa di simile avviene anche negli States.

Si inizierà a votare il 7 Aprile (indi la tornata elettorale è già in atto) e si finirà il 12 Maggio. I primi risultati sono attesi per il 16 Maggio.

I numeri allora. Diamoli. Gli elettori sono oltre 815 milioni di elettori, una marea di votanti superiore alla popolazione (non ai votanti, badate bene) di un intero continente come l’Europa, Russia compresa. e la Commissione elettorale dell’India ha fatto sapere che si tratterà della più costosa tornata elettorale della storia indiana, stimata in 35 miliardi di rupie, di rupie, vale a dire qualcosa come 423 milioni di euro, escluse le spese per la sicurezza e le candidature individuali.

E’ qualcosa di spaventoso a pensarci, nevvero?

Apripista alle votazioni ha fatto Varanasi, centro urbano di tre milioni di abitanti sulle rive del sacro Gange, la porta del paradiso per tutti gli induisti che nel suo letto ci vanno a morire; è partita da lì ufficialmente la prima delle nove fasi della grande sfida elettorale che porterà alla formazione del nuovo governo indiano, il Lokh Sabha, la Camera Bassa.

Chi sono i principali candidati? Il partito del Congresso della famiglia Gandhi ha deciso di candidare a premier il giovane e rampante Rahul Gandhi, figlio di Sonia Gandhi. Ma stavolta la tenzone sarà dura, perché in tanti danno per vincente, e pertanto come successore di Manmohan Singh, l’ambizioso Narendra Modi, leader sessantaduenne del Bjp, partito nazionalista indiano, il quale ha dichiarato di sognare “un’India libera dal partito del Congresso» (quello della dinastia Gandhi). Narendra Modi, ha dalla sua una buona performance a capo stato del Gujarat dal 2001, è visto come “uno dei migliori amministratori dell’India”, e sotto la sua guida, il Gujarat è cresciuto costantemente del 10-12 per cento contro il 5-6 dell’India negli ultimi anni.

Ed è proprio questo che si chiede al nuovo premier, chiunque esso sia, che faccia in modo di far ripartire la locomotiva economica dell’India.

Una impresa difficile.

Quale India deve ripartire?

L’India che viaggia a una velocità da tempo superiore a quella di ogni Paese occidentale oppure l’India in cui buona parte della popolazione vive ancora nel diciottesimo secolo?

Meglio sarebbe entrambe, ma la cosa non può essere semplice, non con questi numeri, non in un paese con decine di lingue e dialetti e almeno una dozzina di credi religiosi.

La sfida è appunto coniugare passato e futuro, sviluppo e giustizia sociale. Cercare di eliminare le differenze in un paese che vive di caste e compartimenti stagni sociali.

NaMo (così lo chiamano i seguaci) è un liberista convinto, che è riuscito ad attirare nello Stato investimenti sia esteri che nazionali, il Gujarat vanta circa il 16 per cento della produzione manifatturiera e esporta un quarto del totale indiano, ma è anche additato come un estremista, implicato sia politicamente che per via giudiziaria nei massacri di musulmani in Gujarat del 2002-2003, nonchè un convinto sostenitore del nazionalismo hindu e del cosiddetto Hindutva.

E sono proprio i nazionalismi a spaventare, più ancora dell’integralismo islamico.

 Modi, puntando tutta la sua campagna elettorale sulla sua capacità di amministratore e sui temi economici si è assicurato gran parte del supporto degli uomini d’affari, hindu o musulmani che siano e della middle class, chiamiamola così, che ambisce al salto sociale e di reddito.

Di fronte a tale forza, la faccia di Rahul Gandhi sembra diventare ancora più malinconica. Sa di avere dinanzi una bella sfida, il paese ha rallentato mentre governava il partito del Congresso, il suo partito; sa di non avere abbastanza carisma, anche se ha frequentato buone scuole, e sa che l’essere erede di una dynasty potrebbe più sfavorirlo che favorirlo. L’india delle caste è in ebolizione.

Lui è figlio di papà, diciamo così, NaMo ha dalla sua anche umili natali, essendo figlio di chaiwallah (venditore di tè) per sottolineare ancora una volta, e in maniera più palese e bruciante, cosa rappresentino i Gandhi e cosa lui, l’uomo che si è fatto da solo.

Ma entrambi, Rahul e Narendra Modi, dovranno fare i conti con l’uomo nuovo, il Grillo d’India, ossia con Arvind Kejriwal, classe 1968, ottimo oratore, vegetariano e praticante di lunga data della meditazione Vipassana, Kejriwal è stato parte del movimento anticorruzione guidato da Anna Hazare ed è balzato di prepotenza all’attenzione dei media nel corso delle elezioni di dicembre a Delhi. Il partito da lui fondato, l’Aam Aadmi Party, ha vinto ventotto dei settanta seggi in ballo ed è stato eletto Chief Minister della capitale. Carica da cui si è dimesso dopo neanche 50 giorni, e dopo che il suo partito non riusciva a far diventare legge il decreto anticorruzione sul quale aveva imperniato la sua campagna elettorale. Kejriwal vorrebbe mandare a casa i politici e i burocrati corrotti e fare pulizia negli apparati amministrativi, ma anche mandare in galera i giornalisti, colpevoli a suo avviso, di non dare adeguato risalto al suo "partito dell’uomo comune", di mentire e di distorcere i fatti.

Kejriwal non ha i numeri per vincere, ma potrebbe togliere voti a Narendra Modi, andando, se le ipotesi fossero confermate, a favorire Rahul Gandhi.

Gira una barzelletta in giro per la Rete: “Rahul Gandhi è la sinistra, Modi è la destra e Kejriwal l’inversione a U”.

Giusto per dire, e per completezza, ci sono anche altri candidati, ma dovrebbero fare tappezzeria. E parlo dell’ex-attrice Jayalalitha, “Amma” per i suoi seguaci, che da quindici anni governa il Tamil Nadu; e Mamata Banerjee, la controversa e pittoresca pasionaria che ha strappato Calcutta e il West-Bengala dopo cinquant’anni di ininterrotto dominio comunista.

Per molti saranno decisivi i giovani al primo voto

Staremo a vedere.

 

Massimo Bencivenga 

 
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