Sul perchè non credo ai sondaggi e sulla lezione della Sicilia
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Sul perchè non credo ai sondaggi e sulla lezione della Sicilia

Al 70% il margine tra Pd e M5S sarà tra 0-5 punti percentuali. Scommettiamo?

Sul perchè non credo ai sondaggi e sulla lezione della Sicilia

I sondaggi italiani son fermi, come prescrive la legge, e pertanto non conosceremo l’andamento e il gradimento degli italiani nelle due settimane scarse che ci separano dalla tornata elettorale del 25 maggio.

Certo, i sondaggi italiani son vietati, ma arriveranno sino all’ultimo quelli esteri. Ci sono alcune leggi che andrebbero riviste, non pensate? Come quella sul silenzio elettorale, concepita originariamente nel 1956, quando in tantissime case italiane non vi era neanche il telefono; una legge che appare anacronistica, per usare un eufemismo, nell’era dei social.

Proprio l’anno scorso, in occasioni delle Politiche, su Twitter non pochi politici continuarono a fare campagna elettorale.

I sondaggi dunque. Gli ultimi danno il Pd come primo partito, con una forbice di vantaggio di 5-10 punti percentuali su M5S di Grillo. Il punto è che io non credo tanto a simili dati. Per almeno due ragioni. La prima ragione è nel sistema di rilevamento usato nei sondaggi.
Il sistema usato è detto CATI, un acronimo che sta per Computer Assisted Telephone Interviewing, e indica, come ben s’intuisce, che le rilevazioni si basano su interviste telefoniche. Ora, dal momento che l’elettorato M5S è fondamentalmente un elettorato giovane, social, smart (il partito di Grillo è primo e spopola tra gli under 45) lo stesso, per ragioni tecnologiche, è più difficilmente raggiungibile con una intervista telefonica. Magari il telefono, tanti under 45, non ce l’hanno proprio. Il Pd resta forte tra i nostalgici e tra gli over 65, facilmente raggiungibili telefonicamente e più influenzabili attraverso i media classici.

C’è un secondo fattore che mi fa essere scettico sulla forbice 5-10 punti percentuali tra Pd e M5S. E riguarda i sondaggi che danno il M5S come primo partito nelle circoscrizioni del sud e delle isole. Già, le isole. In qualche precedente post ho sempre indicato la Sicilia come il laboratorio politico italiano.

Il governatore Lombardo instaurò un Governo di Larghe Intese ben prima di Monti, Letta e Renzi, e poi…

E poi ci fu l’exploit del M5S alle elezioni per la presidenza della Regione. Non vinsero perché andarono, more solito, da soli, ma lì, e i miei amici lo sanno, capii che i sondaggi per le politiche, che li davano punto a punto con Scelta Civica di Monti non rispecchiavano appieno le intenzioni di voto.

In realtà nessuno aveva pronosticato il M5S come primo partito alla Camera, neanche io, che per loro, sia pure in controtendenza con gli altri, avevo stimato un 20%, e mi sembrava già tanto.

Perché il mio occhio cade sulla Sicilia? Perché è la patria del Gattopardo; se le cose cambiano lì, nella regione più conservatrice e restia al mutamento, altrove le cose andranno giù più lisce. E anche la Sardegna non è che sia così pronta e attenta ai mutamenti; alle politiche furono primo partito, anche se un riscontro più recente non c’è stato dal momento che alle ultime Regionali il M5S non si è presentato.
Combinate le due cose, vale a dire la giovane età dei simpatizzanti M5S e l’exploit del sud del paese e capirete bene come e perché vedo molto male un sondaggio con oltre 5 punti di distanza dal Pd. E non ho tenuto conto, del resto non potrei, dell’incidenza dei recentissimi fatti dell’Expo sul Pd, su Forza Italia e sugli altri partiti “tradizionali”.

Voglio sbilanciarmi, anche se per la mia ipotesi parte dai dati sulle isole rilevati con gli stessi metodi che non mi convincono. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare.

Al 70% il margine tra Pd e M5S sarà tra 0-5 punti percentuali.

Scommettiamo?

 

Massimo Bencivenga 

 
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