
In tempi non sospetti, esattamente il 31 Agosto del 2010, avanzai l’ipotesi che i notabili del Pd, per paura del nuovo (un nuovo qualsiasi), stessero pensando a modificare il meccanismo delle Primarie. Ai tempi lo spauracchio da evitare era il ripetersi di una situazione sul tipo di quella accaduta in Puglia, con i capoccia del Pd a sostenere Francesco Boccia (toh, ho fatto anche la rima!) e il popolo delle primarie scegliere Nichi Vendola. Lì fu evidente la frattura tra i dirigenti del partito e gli elettori.
E dire che i vari Giuliano Pisapia, Massimo Zedda e Leoluca Orlando dovevano ancora venire. Non so quanto sia vera, ma gira voce che i dirigenti del Pd vorrebbero cambiare alcune regole delle primarie. Le stesse che peraltro hanno incoronato Veltroni e Bersani; per qualche motivo, il già bizantino statuto del Pd potrebbe crescere con nuove norme.
Quali? C’è l’idea di stilare un albo pubblico degli elettori, con l’ipotetico doppio turno limitato solo a chi ha votato al primo delle primarie. Le nuove regole, così come sono state stilate nella bozza concordata dai dirigenti democratici, prevederebbero l’appoggio di 90 delegati dell’assemblea e 17mila firme per potersi candidare, con la possibilità di iscriversi nel registro degli elettori a partire da una settimana prima fino al momento del voto al primo turno. Ma chi non ha votato il 25 novembre non potrà più presentarsi al seggio per il 2 dicembre. E poi il doppio turno scatterebbe qualora nessun candidato arrivasse a prendere il 50% dei voti, in luogo del 40% inizialmente ipotizzato.
Renzi e il suo staff non sono molti contenti di queste modifiche e annunciano battaglia. Ma resta l’idea di fondo: fare quadrato verso ogni possibile intrusione, ieri l’altro Jacopo Schettini Gherardini o Pier Giorgio Gawronski, ieri Ignazio Marino, oggi Nichi Vendola e Matteo Renzi. C’è una parte, rilevante, del Pd che vede il “nuovo” come il fumo negli occhi e guarda con sospetto ogni possibile intrusione, anche se trattasi di intrusioni democraticamente autorizzate. Nato da “una fusione fredda”, nelle profetiche parole di Arturo Parisi, tra i Ds e i Dl, il Pd non ha ancora compiuto la sua mission democratica, forse perché non ha voglia di compierla, e le primarie si qui allestite il più delle volte sono servite a ratificare, con il crisma della democrazia, quello che s’era già stabilito nella stanza dei bottoni, come nel caso ante litteram del Prodi II o come quando s’intronizzò Veltroni, che s’era già autoincoronato al Lingotto.
Le Primarie del Pd rappresentano all’unisono il nuovo e il vecchio. Il nuovo è rappresentato dalla novità, importata dagli Usa, delle primarie. Il vecchio è rappresentato dall’argomentazione, cara ai vecchi democristiani, che poi pensare in grande e al futuro solo se hai 60 anni.
Massimo Bencivenga
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