
Le Olimpiadi di Barcellona 1992 furono, per gli italiani, abbastanza deludenti andandosi ad innestare sulla falsariga di quanto già successo, a livello di medaglie, a Seoul 1988. Insomma, ancora una volta abbiamo dovuto assistere alle vittorie degli altri. Con la pallavolo maschile, forti della generazione dei Zorzi, dei Giani, dei Gardini, dei Bernardi, dei Cantagalli, dei Tofoli, dei Lucchetta, ci sentivamo già l’oro in tasca; purtroppo sulla nostra strada incontrammo un’altra generazione monstre, quella dei brasiliani Tande e Negrao, che ci negò non solo l’oro ma ogni medaglia dal momento che ci eliminarono ai quarti.
Per una medaglia d’oro annunciata che non arrivò ce ne fu però un’altra per certi versi inaspettata. Fu una medaglia oltremodo sofferta, ottenuta contro i padroni di casa della Spagna e contro un arbitraggio oltremodo casalingo. Alla fine però c’imponemmo per 9-8. E l’edizione del 1992, perlomeno per gli italiani, rimarrà l’edizione vinta nel ciclismo da Fabio Casartelli, un ciclista di talento che ebbe poi un tragico destino.
Per il resto gli americani recuperarono nel medagliere, ma non riuscirono a passare avanti alla federazione russa che si presentò con la sigla CSI. Nel nuoto cominciò a inanellare medaglie olimpiche un certo Aleksandr Popov. L’Italia prese due bronzi con Stefano Battistelli nei 200 dorso e con Luca Sacchi (oggi commentatore Rai) nei 400 misti.
Ma fu la regina delle Olimpiadi, l’atletica leggere, a monopolizzare l’attenzione. Carl Lewis fece tris nel salto in lungo e fu l’ultimo frazionista di una 4x100, completata da Mike Marsh, Leroy Burrell e Dennis Mitchell, che fece con 37,40 il nuovo record del mondo.
Anche la 4x400 fece il record, potendo peraltro contare su un quartetto del calibro di: Andrew Valmon, Quincy Watts, Michael Johnson e Steve Lewis. Questi due quartetti presentano quelle che io chiamo delle anomalie.
Chi sono? Mike Marsh e Quincy Watts.
Due meteore o due persone che si sono aiutate in modo “sospetto”? Dovete sapere che Mike Marsh, oro olimpico nei 200 m, nella semifinale fece un incredibile 19,73 rallentando vistosamente nel finale per salvare le gambe; nella finale in tanti si aspettavano il tempone, che non arrivò, dal momento che fece 20,01, bastevole però a farlo vincere sul namibiano Frankie Fredericks. Pietro Mennea rimase nel libro dei record. Va detto che, da quel momento in poi, Mike Marsh non corse più come in semifinale, e rientrò nei ranghi del buon velocista e niente di più.
Nei 400 m la cosa andò così. Michael Johnson, che aveva rinunciato ai 200 m per prepararsi il giro della pista, fu appiedato da una sorta di intossicazione. La star dei 400 m fu un certo Quincy Watts, che in finale fece il secondo tempo di sempre con un incredibile 43,50, e correndo anche frazione velocissima nella 4x400. Quello che sembrava essere il rivale di beep beep Michael Johnson ballò solo quella stagione, perché già l’anno dopo arrivò quarto ai mondiali e non si qualificò a Atlanta 1996. Riuscì però, sull’onda, a strappare un buon contratto pubblicitario con la Nike con una musichetta dell’opera che diceva Quincy Watts, l’eroe di Barcellonaa…
E poi ci fu Kevin Young (foto). L’uomo che per prima mise paura a Edwin Moses, il re dei 400m hs, nel 1992 lo cancellò dal libro dei record stampando un fantascientifico 46,78 che aggiornò il 47,02 di Moses.
Va detto che questi sono, ancora oggi, i migliori tempi sulla distanza. Come va detto, perché è cosa abbastanza risaputa che Kevin Young, prima delle Olimpiadi di Barcellona del 1992, avesse attaccato dei piccoli pezzi di carta sulle puntine delle scarpe da corsa, con scritto "46.89" su ognuno.
Aveva infatti già immaginato che fosse possibile correre i 400 metri ostacoli sotto i 47 secondi.
L’atletica insomma produsse dei risultati importanti, in alcuni casi mai più uguagliati o avvicinati. Furono il frutto solo del talento o c’entrano per caso anche “additivi” non legali né sportivi?
Non lo sappiamo né forse lo sapremo mai...
Massimo Bencivenga
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