
Alla fine potrebbe essere Fabrizio Saccomanni il nuovo Governatore di Bankitalia. Ad un osservatore esterno questo tentennare di Berlusconi potrebbe sembrare illogico. Che il premier sia un decisionista è cosa saputa, quante volte, in questi anni, lo abbiamo sentito dire “ci penso io”.
Stavolta che tocca a lui, stavolta che ha i poteri che in altre occasioni, per fortuna o per sfortuna non ha, Silvio Berlusconi tentenna.
Già, perché dopo i fatti di Fazio, dopo la stagione delle scalate e dei furbetti del quartierino, il governo, anche allora con il Berlusca premier e Tremonti nuovamente all’economia dopo la parentesi Siniscalco, decise di modificare lo statuto di Bankitalia, di fatto annacquandone un po’ l’autonomia, subordinando la scelta alla politica e dando un preciso orizzonte temporale al mandato.
I nostri Padri Fondatori avevano optato per una decisa separazione della banca centrale dal potere politico e, in non rari casi, aveva prestato i suoi civil servant anche alla politica come nel caso dei Luigi Einaudi, dei Guido Carli, dei Carlo Ciampi, dei Lamberto Dini, dei Tommaso Padoa-Schioppa e di altri.
Proprio gli ultimi tre furono protagonisti dell’ascesa di Antonio Fazio. Antonio Fazio, a sentire gli esperti di inciucio economico, si giovò dei veti incrociati intorno ai nomi di Lamberto Dini (all’epoca Direttore Generale, ossia numero due di Bankitalia e pertanto, come spesso è accaduto, candidato naturale) e TPS, alias Tommaso Padoa-Schioppa, vicedirettore generale.
Vicedirettore generale era anche Antonio Fazio da Alvito, che scavalcò i rivali. Con Antonio Fazio si fece uno strappo, credo che mai (ma non ci scommetto molto) un vicedirettore sia diventato Governatore; un altro strappo lo si fece con Draghi, chiamato, come un deus ex machina, a ridare dignità all’istituzione di Palazzo Koch.
A Maggio sembrava in pole Vittorio Grilli, ma poi le cose sono cambiate, e la sua candidatura ha perso slancio soprattutto perché ha perso un po’ forza uno dei suoi mentori: Giulio Tremonti. Il ministro ha avuto una brutta estate, ed è caduto un po’ in disgrazia.
L’uomo, Vittorio Grilli, sicuramente vale, ma rischia di pagare per colpe non sue, senza contare che non si può preferire un governatore centrale ad un altro solo perché, per dirla alla Bossi, è di Milano.
Vittorio Grilli era avanti a Maggio, adesso sembra una spanna avanti il numero due di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni (il primo da sinistra nella foto con Draghi al centro e Vittorio Grilli a destra), ben visto dal Governatore uscente e non inviso neanche a Berlusconi. Siamo arrivati al punto che i nostri Padri Fondatori avevano voluto evitare o minimizzare: la disputa politica in luogo di quella tecnica.
Berlusconi ha il potere di indicare un nome, i successivi passaggi nei board della stessa Banca, in Parlamento ed al Quirinale servirebbero solo a ratificare una decisione già presa.
Anche se le ultime da Bankitalia riferiscono di una istituzione pronta, sino all’ultimo, a difendere il fortino della propria autonomia, facendo balenare altresì che potrebbero mettersi di traverso se dovesse arrivare un uomo indicato attraverso il ricorso ad una sorta di Manuale Cencelli.
Da Lastampa.it apprendiamo che
Il membro anziano Paolo Blasi ci ha tenuto anzitutto a precisare, raggiunto al telefono, che il parere dei 13 consiglieri sul candidato che sarà indicato un giorno da Silvio Berlusconi “non va dato per scontato”. Di più: che “il parere può essere anche negativo”. Al termine della seduta di ieri, Blasi ha ricordato inoltre che in assenza della lettera del Cavaliere con il nome per il dopo-Draghi “non abbiamo potuto fare alcuna discussione”. Ma su quelli che circolano “leggo sui giornali che sarebbero tre: Fabrizio Saccomanni, Vittorio Grilli e Lorenzo Bini Smaghi” - aggiunge che “hanno esperienza e titoli tutti e tre per fare il governatore”. Tuttavia, scandisce, in cima ai valori che i consiglieri di Palazzo Koch reputano indispensabili per il successore di Draghi “c’è l’autonomia dell’istituto”. Non è un dettaglio. Inoltre “procederemo nel rispetto rigoroso delle procedure”. Lette in filigrana da un altro consigliere ma a microfoni spenti, le parole di Blasi significano che le quotazioni di Saccomanni rimangono invariabilmente al top. Anche il consigliere della Bce Bini Smaghi potrebbe ottenere un parere positivo. Ma è molto difficile che il direttore generale del Tesoro sul quale il ministro Tremonti sta insistendo così platealmente, e che è così brutalmente espressione di una volontà politica, possa ricevere il via libera.
Sembra un deciso stop a Vittorio Grilli.
Ma se Bossi dovesse chiedere al Berlusca “Baratteresti il Governo per il Governatore di Bankitalia?”. Massimo Bencivenga
|