Possibile, caro ministro Sandro Bondi, che a rimetterci debba essere sempre la Cultura?
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Possibile, caro ministro Sandro Bondi, che a rimetterci debba essere sempre la Cultura?

La manovra, diciamo i tagli, va a falcidiare il ministero dei Beni Culturali; gią di per sč gestito malissimo

Possibile, caro ministro Sandro Bondi, che a rimetterci debba essere sempre la Cultura?

Sandro Bondi e il ministero dei Beni Culturali sono chiamati ad un appello importante. Il ministro Sandro Bondi, che si spaccia per uomo di cultura, pare scriva poesie, con molta probabilità potrebbe passare alla Storia come l’uomo che ha azzerato la Cultura italiana. Già perché la manovra finanziaria di Tremonti è un’occasione per lo stesso ministro dell’economia per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Giulio Tremonti non è riuscito a riportare sotto l’egida del suo ministero e sotto il controllo della Corte dei Conti la presidenza del consiglio e, ipso facto, la Protezione Civile, ma probabilmente abbasserà lo stipendio ai ministri senza portafoglio, e quindi anche al suo nemico “giurato”, che magari mira all’economia, Renato Brunetta.

Ma nella scure dei tagli finirà anche il Ministero dei Beni Culturali che, a sentire le esternazioni del suo non troppo combattivo titolare potrebbe davvero finire decimato.
Sentiamo Sandro Bondi: “Io sono in totale sintonia con Tremonti sulle motivazioni che muovono la manovra, per le difficoltà in cui si muove il Paese e la necessità di tagli coraggiosi. Molti degli enti che figurano in quell'elenco vanno soppressi, ma alcuni come il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano, il Vittoriale, non possono in nessun modo essere considerati lussi". “Mi metterò al lavoro con l’impegno a ridurre le spese inutili.”
Così si è espresso il ministro Sandro Bondi sulla manovra firmata dal presidente Napolitano. E ancora: “Ringrazio il premier Berlusconi, il ministro Tremonti e il dottor Letta per la sensibilità dimostrata” e continua sottolineando la sua “assoluta convinzione su necessità e giustezza della manovra”.

 

Il fido Sandro Bondi prima firma forse non sa neanche lui cosa, (ma gli hanno detto di firmare e lui firma), e poi sbotta sentendosi esautorato. Dall’altro lato della barricata Pierluigi Bersani ci va giù duro asserendo che: “Se Bondi non ha visto un dispositivo lungo tre pagine che distrugge metà delle istituzioni e delle fondazioni della cultura italiana, si può sapere che cosa ha approvato il Consiglio dei Ministri? Se l’approvazione è avvenuta “salvo intese” Bondi si è dunque inteso con Tremonti? E se non è così, lo ripeto, che cosa ha mai approvato il Consiglio dei Ministri? Siamo evidentemente fuori da ogni regola, oltre che da ogni logica. Con tutta evidenza abbiamo un governo nel marasma”.

Sfogo che trova il tempo che trova e che non mette al riparo qualche meritevole ente culturale dalla scure della falcidia imposta dalla manovra di Giulio Tremonti. A buttare benzina sul fuoco e fango addosso a Bondi ci ha pensato anche il regista Mario Monicelli che ha istigato gli studenti dell’Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione “Rossellini” di Roma a ribellarsi ad un ministro ed ad un governo che non tiene in debito conto una delle caratteristiche peculiari dell’Italia all’estero: la Cultura.

Verrebbe da chiedersi quante scuole di teatro si potrebbero finanziare facendo a meno delle consulenze, per chiamata diretta, dell’archeologa Elena Francesca Ghedini, sorella di quel Niccolò instancabile pontiere di scudi giudiziari per il Premier Silvio Berlusconi.

Verrebbe da chiedersi quante manifestazioni potrebbero essere sponsorizzate senza gli stipendi d’oro pagati a gente come Claudio Strinati, Paolo Peluffo e Giuliano Urbani, persone non in organico al ministero, un ex ministro (Giuliano Urbani), un ex responsabile stampa al Quirinale con Carlo Azeglio Ciampi e consigliere della Corte dei conti (Paolo Peluffo) e un ex soprintendente al Polo Museale romano (Claudio Strinati).
Persone non in organico e chiamate da mister McDonald’s Italia, Mario Resca.

Quanti enti culturali sarebbero ancora in attività senza le consulenze richieste da Mario Resca, anche qui per chiamate dirette, a società quali Roland Berger, Price Waterhouse Coopers e Boston Consulting Group. Consulenze di 100mila euro per ognuna.

Sandro Bondi assiste estrefatto a questa levata di scudi nei suoi confronti, ma dovrebbe chiedersi perché.
Non sarà per via che nella battaglia tra un manager imposto dal padrone Berlusconi (Mario Resca) ed un critico d’arte di fama internazionale (Salvatore Settis), lui, che ripetiamolo si ritiene uomo di cultura, ha parteggiato per l’uomo dei panini e non per quello dei quadri?
Non sarà che non è stato apprezzato il suo disprezzo verso un film “Draquila” non allineato con i diktat presidenziali?
Non sarà che ha criticato le parole di Elio Germano? Il quale ha tutto il diritto, siamo in democrazia e non sotto il protettorato di Berlusconi, di dire quello che pensa degli italiani e della classe politica.

Il Bondi uomo di cultura dimentica che gli uomini di cultura spesso hanno dettato la strada.

Al Bondi uomo di cultura dico che: “"Quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito”.

E lui, vuole passare per stolto o saggio?

Massimo Bencivenga

 
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